martedì 23 giugno 2015

"Il mulino delle donne di pietra" di Giorgio Ferroni





     Lo studente Hans von Harnmen (Pierre Brice) raggiunge il villaggio olandese di Veeze per conoscere lo scultore Gregorius Wahl. L'artista abita al Mulino delle Donne di Pietra, posto al di là del cimitero di Veeze.
 La nebbia e i mulini, che si stagliano verso il cielo tenebroso ma anche, grazie ai giochi della rifrazione, verso i fondali di quei corsi d'acqua, contribuiscono a rendere suggestivo il suo viaggio.
 Non appena giunto al mulino, lugubre e vetusto come un castello gotico, viene sferzato dai gemiti inquietanti di una donna. A questi suoni si associa la vista di sculture agghiaccianti, come di vittime raggelate nelle pose più strazianti.
 Nulla però risulta sconvolgente come il carillon che si ravviva innanzi a lui grazie al vento e al movimento delle pale. L'ingresso del professor Wahl interrompe le evoluzioni delle statue. Proprio lo studio di quell'opera, che il professore ha ereditato dal suo bisnonno, ha condotto lo studente a quel mulino. Von Harnmen deve infatti curare la monografia del carillon in maniera tale che venga pubblicata per il  centenario della sua prima esposizione al pubblico.
 In quel mulino non vi è solo il professor Wahl, insieme alla governante Selma e al factotum Conran. In quell'edificio, museo delle angosce rese inanimate attraverso l'arte scultorea, si muove una ragazza in cui l'angoscia è viva e gemente. Lei è Elfi Wahl (Scilla Gabel), la figlia del dottor Wahl.
 Elfi è malata. Malata dello stesso morto che ha ucciso la madre. In lei ogni emozione può esser fatale.  Ma Elfi è l'emozione. Lei è l'essenza dei moti dell'animo che quasi la possiedono, conferendole quella bellezza primordiale delle antiche deità silvestri. Passioni che la posseggono e l'abbandonano, lasciandola immota e silente dopo averle rubato l'ultimo calice d'aria.
 Questa continua necessita di cure e assistenza spiegano la presenza nella casa del Dott. Loren Bohlem (Wolfgang Preiss).




  La tensione spesso si dipana grazie all'inserimento di scene spensierate e goliardiche, tipiche della vita degli studenti universitari. Questa luce però non fa che rinvigorire l'oscurità di quel luogo, quasi gelosa del terreno ceduto.





 Ogni statua di quel meccanismo è una tortura psichica. Ogni statua si inserisce in una processione in cui il calvario viene proiettato sullo spettatore.
 La scenografia origina una struttura metafisica su cui vagano i personaggi dell'opera, divenendo essi stessi elementi di arte surrealista, attiva non solo grazie alla loro corporeità. I loro teatri inconsci andranno infatti a fondersi con quel paesaggio meccanico e scultoreo.
Ogni stanza, ogni porta, rappresenta un abisso che squarcia il velo della realtà, inondando la capacità umana di comprendere l'ignoto. Un sipario strappato sull'impossibile.
 Le scene sono scolpite, dipinte, come lastre cerebrali che lottano per riemergere, straziando la mente di von Harnmen le cui urla non fanno che distorcer ancor più quei veli di consapevolezza.







 Giorgio Ferroni, con "Il Mulino delle Donne di Pietra", crea un'ottima commistione di generi in cui il surrealismo macabro effluvia da quel legame morboso che cinge l'uomo alla femminilità altera(ta), con la foscosità di una passione e di una emotività corrosiva capace di innalzare una funerea pira dalla luminosità ipnotica.




Se vi interessano le storie dominate dalle opere di scultori folli, capaci di racchiudere in vasi canopi angosce in grado di possedere e flagellare il fruitore, vi segnalo un'opera di Germano Hell Greco:

Germano Hell Greco - Le Bambole del Latemar.    Argy è una studentessa di Storia dell'Arte a Torino. Decide di  recarsi ad Obereggen per conoscere Bachmann, l'artista eremita che ha scolpito il crocifisso conservato nella chiesa di Sant'Albuino. Argy vive a Torino ma è nata proprio in queste zone dove è tornata per una ricerca inerente il suo dottorato.
La cripta, in cui quell'oggetto viene esposto, è come una camera di condensa di energie arcaiche. Un amplificatore di  urla partorite da quell'oggetto ligneo, digerite e riflesse da funerei accoliti di una messa  allucinante. Le sapienti mani dell'eremita hanno scolpito un mausoleo all'angoscia cristiana, un'operta pulsante attraverso cui le spine cingono il capo dei fedeli. Attraverso cui i chiodi lacerano la carne. Un crocefisso generato dallo Scultore di Agonie.
   All'inizio ti apparirà limpido. Semplice. Lineare. Ma Germano Hell Greco emerge con i suoi tipici elementi. Con i suoi tipici personaggi beati e maledetti, sospesi tra Paradiso e Inferno. Un po' Icaro e un po' Orfeo. Gli basterà un gesto per aprire quelle porte oltre le quali l'infinito modifica la realtà percepita, trasformando quella terra, silvestre e luminosa, in un oscuro paesaggio dalle cui radici si inerpicano ricordi ormai dimenticati.




4 commenti:

Lucius Etruscus ha detto...

Spettacolare! Ma dove l'hai scovato? Lo voglio assolutamente :-P

Ivano Satos ha detto...

Quella di Giorgio Ferroni è una bellissima opera inquietante, i legami con un certo film in cui appare il Price non tolgono nulla alla sua originalità. Purtroppo è stato soffocato da capolavori usciti nel 1960. Un bellissimo trip ;)

Gioacchino Di Maio ha detto...

Da segnare. Mi ricorda per certi aspetti Occhi senza volto di Georges Franju.

Ivano Satos ha detto...

Come sempre Gioacchino hai la precisione di un anatomopatologo