martedì 16 giugno 2015

"Lo strano vizio della signora Wardh" di Sergio Martino






     Un uomo si apparta in auto con una prostituta. Il riflesso della lama. Il sangue che riga mentre un aereo disperde le ultime grida.
 Proprio al vicino aeroporto atterrano i coniugi Wardh. Nuovamente a terra, nuovamente da sola. Julie Wardh raggiunge in taxi una Vienna resa cupa da quell'assassino armato di rasoio, mentre i tergicristalli quasi la cullano in un trance ipnotico.
Flashback. Il ricordo di un rapporto violento. Sotto la pioggia. I vestiti strappati. Il terreno bagnato tra effluvi umorali. Il dolore e il piacere.

 Il ricordo ormai persiste anche grazie a elementi che emergono nella realtà, elementi legati al suo ex-amante e a quella morsa di carne e passione. Lei è in perenne tensione. La sua paura di vederlo ovunque. La paura che egli possa apparire in qualsiasi momento. Fino al fatidico incontro, interrotto dal sopraggiungere di Mr Wardh. Proprio al marito lei dice:
"Ti prego, lascialo andare. Tu non sai come è Jean.  A lui piace fare del male agli altri."

A questa frase segue una delle sequenze più belle del film. Il misto di dolore, paura, piacere e sangue, racchiude la passione della signora Wardh e, contemporaneamente, pone un ponte tra l'opera di Martino e una delle fonti ispiratrici, ovvero "Bella di Giorno". Lo sguardo dell'estasi verso il calvario agognato e quell'uomo che si erge come un iceberg ormai svelato.






 Se sulle donne di Vienna grava la minaccia del killer, su Julie pende una pulsione endogena più assillante e persistente

"Forse è da me che devo fuggire"

 Edwige Fenech appare magnifica nel suo ruolo di donna dominata dalle proprie pulsioni e, contemporaneamente, quasi investita da una sacra missione di autopurificazione rivolta a qualcosa di ben celato. Lei è divisa tra la virtù/trasgressione borghese e il puro travolgimento sensoriale, scevro dall'anticonformismo conformista che imperversa in quegli anni, e che diviene una nuova divisa per coprire la nudità dell'essere.

Jean assume quasi il ruolo di  suo psicanalista libertario:



Rinforzandone il senso di isolamento sociale e morale, e quindi il proprio potere su di lei:




Oppure

"Niente unisce più di un vizio in comune"




Una donna quindi in cui le pulsioni più estreme vengono nascoste, celate, compresse. Una pluralità di sfumature che vengono evidenziate in una successiva scena che ritengo bellissima, quella del garage. Scena in cui la luce diviene aggressiva come la lama su cui si riflette. Fari che quasi esaltano le mille sfaccettature della sua personalità e la sensualità dirompente di ognuna di esse, in una specie di "Uno, due, tre, stella!" psichico.





 La lama del rasoio. Perché forse Jean e Julie non sono più così simili. Forse non vi è più un vizio in comune. E se il vizio di Jean fosse andato oltre? Se quel giocare sul limite si fosse evoluto in qualcosa di assurdo e ancor più crudele? Ora su Julie si estende quell'ombra che grava su tutte le altre donne di Vienna. Un'ombra che si dirama solo per far splendere quel riflesso accecante.




 Se la componente thriller ha come riferimento una certa opera che non sveliamo, la componente erotica e onirica ha, come abbiamo già detto, legami con "Bella di Giorno" di Luis Bunuel. L'evento scatenante qui non avviene in età infantile, ma cresce e si sviluppa attraverso la figura di Jean che plasma la signora Wardh a sua immagine e somiglianza. Ma se il ruolo della Deneuve è il sopravvento dell'essere sulla virtù, quello della Fenech è, come abbiamo detto, il sopravvento della trasgressione borghese sull'essere.
 Anche in "Lo strano vizio della signora Wardh" il Martino riesce a spiazzare mediante una serie di depistaggi. Egli ti rivela la verità proprio quando si è raggiunta la sua parvenza e la delusione per una conclusione così scontata. Egli ti getta invece la SUA verità di colpo, travolgendoti. Ma non lo fa un'unica volta. Egli colpisce come quelle carogne che non si accontentano del nobile ko. Egli non si ferma neanche innanzi all'effluvio copioso di sangue. Perché Martino è come lei, ribrezzo e attrazione del sangue.




2 commenti:

Bruno ha detto...

Ammetto che questo film lo vidi e forse non lo capii, visto che lo ricordo come una solenne rottura di coglioni.
D'altra parte mi capita molto spesso con il cinema italiano.

Ivano Satos ha detto...

Forse guardalo dopo aver visto tutti quei film che tritano e ritritano le opere del passato può avere un effetto scazzamento. Io ogni volta che lo rivedo mi rinnamoro ;)