Una luce scarlatta accarezza il risveglio narcotizzato di Jamie (Rachel Nichols) tra mura asettiche e telecamere a circuito chiuso. Un risveglio diverso da quello che ci si sarebbe aspettati dopo una serata romantica...
Jamie non è la sola ad essersi svegliata in quel luogo, con degli abiti non suoi che sembrano usciti dalla lavanderia di un carcere acromatico. Improvvisamente incontra Sabrina (Zoë Bell), con cui, dopo un titubante approccio, comincia ad esplorare quel folle labirinto.
Proprio durante questo giro turistico, l'edificio prende vita. Una lastra scorre veloce, ghigliottina della speranza, chiudendo qualsiasi via di fuga.
Lo spazio esiguo cinge le due donne, mentre gli occhi di Sabrina mutano. Quasi si inebriano, connessi a delle nari che percepiscono i feromoni della paura di Jamie. Come un animale selvatico che arcua la schiena prima del salto famelico. Una serie di colpi investe Jamie. Pugni. Calci. Urla. Sudore. Forza. Tutto ciò si abbatte su quel corpo allenato in palestra ma non pronto a quell'evento.
Ben presto Jamie si desta. La teoria diviene la pratica della strada e le sue lezioni di kickboxing si fanno strada in quell'oscurità della pietà in cui è stata scaricata come un pezzo di carne da guardare decomporsi in una lotta continua.
Il sangue comincia a variegare le candide carni.
Perché tutta questa violenza ingiustificata e sterile tra donne, caratterizzate generalmente da una complicità che travalica i conflitti intrasessuali e da un atteggiamento fertilmente predisposto alla pacificazione antitetica la violenza e la guerra, tendenze queste per antonomasia antiginoidi...? Semplice, le Santissime Pulzelle vengono rapite e condotte in quel luogo alienante per essere istruite su un principio fondamentale, uccidi per evitare che venga ucciso un tuo caro. Gladiatrici quindi costrette a combattere tra loro. Il Colosseo risulta comunque al passo coi tempi, in quanto sono presenti telecamere a circuito chiuso, ma anche incontri "aziendali" per dare risposte a quesiti fondamentali e alleviare da preoccupazioni.
Il tizio larvale è Doug Jones mentre l'imperatrice è Sherilyn Fenn.
Le guardie, con il loro comportamento professionale che contempla solo una leggera vena sadica, comunque passiva e conforme al regolamento, sono meno interessanti rispetto a quelle affette da priapismo dei vecchi WIP (Women in Prison per gli eretici). Le guardie di Jesus Franco non se ne starebbero con una tazza in mano.
Raze nasce probabilmente con l'intento di fondere la trama dei film exploitation anni '70 con gli attuali torture porn, scremando tutto ciò che in realtà caratterizza i due generi. In questo Ilsa misto Martyrs dicono c'è tutto invece un c'è nulla.
Il dolore, base obeliscante del piacere nelle opere dei tempi passati, qui diviene quasi castrante, trasformando la Stele di Axum in una borsa dell'acqua calda astagna. Il dolore fisico si trasfroma nella materializzazione della tortura psichica a cui sono sottoposte le combattenti, divorate dal senso di colpa e dalla contemporanea apprensione per i propri cari. Il dolore diviene quindi una testa di ponte tra il WIP e il TWD...
Vi è una certa ripetitività sulla forma in cui la morte viene concessa.
Non dico che dovevamo assistere a delle fatality stile Mortal Combat, ma
una certa variabilità poteva anche esserci. Proprio i combattimenti sono
uno dei punti deboli del film, tenendo conto che occupano un ruolo fondamentale nell'opera.
Sherilyn Fenn non indossa certo i panni né di Dyanne Thorne né di Pam
Grier, giusto per limitarci al Ringo mennaro dell'exploitation. Phoebe (Rebecca Marshall) assume il ruolo della reclusa psicopatica che nuota nel proprio elemento, un po' come la Lina Romay di Greta, la donna bestia (Haus ohne Männer), interessante in senso corpuscolare ma di certo non all'altezza della musa del maestro. La pulzella, cresciuta in un orfanotrofio da educatori col complesso del pasticciere siciliano, è una figura che avrebbero dovuto sviluppare di più, stimolando gonadismo autoctono, magari eliminando le paranoie riscaldate per tutta l'opera.
In definitiva un'opera né carne né pesce, che partendo da un'antica idea romanesca, passando dal Divin Marchese e dai WIP storici, giunge spogliata di tutte le sue grazie, non solo carnee, per congiungersi con un horror denaturato.
In definitiva un'opera né carne né pesce, che partendo da un'antica idea romanesca, passando dal Divin Marchese e dai WIP storici, giunge spogliata di tutte le sue grazie, non solo carnee, per congiungersi con un horror denaturato.
Amo ricordare che questa rubrica risulta essere una visione erotomane e paroliberista, con ovvia tendenza supercazzola, di particolari opere cinematografiche. Vi rimando quindi alla ben più seria recensione di Lucia Patrizi. Se volete approfondire il genere WIP vi rimbalzo all'amico Lucius Etruscus.
16 commenti:
Mitico film, rozzo e ruspante ma ad avercene! Pit Fight allo stato puro, senza fronzoli né pretese: domani sul Zinefilo ripeschero' la mia rece di quando uscì il film fresco fresco;-)
Intanto, chi voglia seguire il ciclo WIP del Zinefilo, ecco il link:
http://ilzinefilo.wordpress.com/tag/WIP
Io lo trovo sentimentale come una seduta all'alcolisti anonimi. Per me il fallo è stato proprio quello di purificare il genere fight dalle rozzezze e riempirlo di una visione moralistica della donna, capace di liberare la sua aggressività solo a fini protettivi e altruistici. Che i registi amanti dei combattimenti vengano nelle nostre periferie, sia per sudiare la tecnica mortale delle nostre ragazze sia per un'indagine sociologica più approfondita.
Link comunque già inserito nell'articolo ;)
Siamo pur sempre in terra americana, purtroppo, quindi il moralismo spicciolo è sempre dietro l'angolo e i legacci sono sempre tanti. Il Pit Fight poi ha un gran difetto: visto che il "buono" non può picchiare la gente, lo si deve spingere a farlo in modo che poi non ci sia condanna morale. Cosa può spingere addirittura una donna a combattere, nell'asfittico bacchettonismo americano? Però meglio avere film non perfetti che lo zero assoluto ;-)
P.S. grazie di cuore della citazione ^_^
Cosa può spingere addirittura una donna a combattere? Ti rispondo modificando il concetto espresso da Max California: <> :). A parte gli scherzi, e senza fare riferimento al "rape and revenge", sarebbe bastata la minaccia di porre termine alle loro vite, una sana miscela del SS istinto di sopravvivenza e della glorificante violenza.
E' sempre un piacere citarti amico ;)
Ehhh citi grandi filoni e grandi "motivi"! ^_^
Cito e segnalo , se pur in folma masculare ;)
Cmunque, visto che sul commento precedente non è apparso, Max California parlava di: Stupri collettivi e orge di violenza!!!
Tutte cose che fanno impazzire i censori :-D
Magari usi la tattica ciociara di De Sica. Un gioco di sguardi, spesso, vale più di dieci mufloni :)
Ahahha esempio perfetto :-D
Neorealismo uber alles!!!
Ma com'è è irriconoscibile Sherylin Fenn, lontana anni luce dagli splendori di Twin Peaks!
Adesso sembra una vacca svizzera! :D
Dio mio Nick! Sei talmente sadico nel girale il coltello nella piaga, che ti dedicherò il ruolo de l'Altro in una puntata della rubrica!!! ;)
A parte gli scherzi, non hai idea del trauma quando l'ho vista. Era la mia preferita!!! :(
Povera Sherilyn, gli anni passano anche per lei, e ricordo che già agli inizi dei Novanta, ancora bella "soda", non vennero lesinati sberleffi per il suo ruolo in "Boxing Helena". E' una donna che attrae critiche :-D
Nel 2002 Canal Jimmy mandò in italiano un telefilm di basso livello ma molto intrigante, tutto incentrato su di lei: "Rude Awakening", dove Sherilyn fa l'ex alcolista che cerca di rimanere tale. Una sit-com molto politicamente scorretta con un cast di bravissimi comprimari (sua madre era interpretata dalla sorella di Vanessa Redgrave) dove finalmente Sherilyn ha potuto mostrare la sua bravura invece che il suo corpicino tozzarello. Peccato che dopo diverse stagioni quella serie sia totalmente scomparsa nel nulla...
In "Boxing Helena" era sublime. "Rude Awakening" mi manca. Grazie della dritta Luicus ;)
Ne ho un buon ricordo anche in "Uomini e topi" (1992), non un grande ruolo ma fondamentale per la trama.
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