In una chiesa viene celebrata la messa in memoria dei coniugi Ashby, morti undici anni prima in un incidente aereo. In essa viene ricordato anche il piccolo Tony, suicidatosi a quindici anni per il dolore vissuto dopo la morte di entrambi i genitori. Durante la cerimonia Eleanor (Janette Scott), sorella di Tony, osserva una figura affacciarsi sulla soglia della chiesa. E' solo un istante, ma esso basta per farle perdere i sensi.
Eleanor ha problemi psichici e il suo svenimento porta al termine della messa, al fine di non turbare la ragazza e permettere alla famiglia di ritornare alla tranquillità domestica. Una figura di spalle osserva la scena.
Mentre Simon (Oliver Reed), fratello di Eleanor, sprofonda nell'alcool, lei confida a Françoise, una splendida Liliane Brousse, di aver visto Tony. L'infermiera, invece di tranquillizzare la ragazza sconvolta per quell'esperienza assurda, quasi l'assale con la sua cieca razionalità.
Rimasta sola, vede nuovamente il fratello e corre in giardino per cercarlo. Corre. Guarda in ogni angolo. Dietro ogni albero. Alla fine lo vede. Fermo. Di fronte a lei. La chiamano. Dalla villa. Ripetutamente. Si volta un attimo. Lui è scomparso.
Il suo equilibrio mentale è ormai a pezzi e tenta di suicidarsi dalla scogliera. Viene salvata e condotta alla villa proprio da quella persona che ella identifica con Tony. Anche questa volta egli scompare, ma il maggiordomo l'ha riconosciuto. Proprio mentre cerca di allontanarsi dalla villa si scontra con Simon. Egli si pietrifica come innanzi alla Gorgone.
La probabile pazzia di Eleanor lo avrebbe reso l'unico intestatario dell'eredità di famiglia, ma la comparsa di Tony rappresenta la fine dei suoi sogni. Lo schock del suo ritorno può esser quindi terapeutico per lei, ma per Simon esso rappresenta l'antro della paranoia.
Proprio la paranoia si diffonderà in quella casa. Le certezze di Eleanor e del maggiordomo non sono di certo condivise da Simon e dalla zia Aunt. Nessuno può giurare che quell'uomo sia veramente Tony. Verranno tesi sottili fili di seta per far vibrare le campane della colpa e del fallo.
Molti sono gli interessi intorno a quell'eredità e le trame sotterranee emergeranno come furie infernali, accavallandosi in una mandria di colpi di scena in cui il reale e l'irreale si fonderanno ben presto tra loro. L'unione degli antipodi non può che generare un eco in grado di distorcere ancor più una certezza assediata.
Zia Aunt rappresenta il collante e l'orgoglio della famiglia. Ella cerca in tutti i modi di tutelare i propri nipoti, propaggini di lei stessa. Quei nipoti che rappresentano la sua immortalità, non avendo lei figli, ma che in realtà quasi la divorano della sua vita terrena e reale con le loro debolezze, con la loro incapacità di essere autonomi. Con la loro incapacità di essere normali. Soprattutto Simon. In lui la fissazione ad un'emotività infantile genera un narciso in cui la distruttività si rivolge non solo su se stesso ma su ogni organismo vivente che non sia un sogno pulsante.
Proprio Janette Scott e Oliver Reed generano un occhio di bue diretto sulle loro figure. Il loro esprimere il disturbo psichico diviene un alienante stimolo neurale. I pazzi, i folli, sono degli esseri le cui emanazioni tendono a liberare l'essenza del fruitore da quei vincoli consci basilari per l'integrazione sociale. I pazzi, i folli, sono lisergite ambulante. I due attori, ma soprattutto Reed poiché nella sua parte l'alterazione va in crescendo, dimostrano una fortissima capacità di gestire questo ruolo in maniera non banale o stereotipata.
Freddie Francis, grazie a Paranoiac, è stato accusato di cavalcare l'onda del successo di Hitchcock. Il film è indubbiamente molto hitchcockiano, ma Francis sfrutta tale elemento più per spiazzare lo spettatore che per creare un surrogato, come molti ve ne furono e ancor ve ne sono. Il fruitore viene accompagnato, mediante inquadrature e solfeggi, verso la stadiazione di un'idea, derivante proprio da una sorta di possibile deja vu, e ciò rende ancor più destabilizzante l'improvviso ricredersi innanzi all'incalzare degli eventi. Il passaggio da uno "stimolo" o da un'ispirazione ad un'altra è proprio la forza di questo film. Un film che utilizza una fotografia che sembra rispecchiare quel mare di bipolarismo su cui l'opera si regge.
Rimasta sola, vede nuovamente il fratello e corre in giardino per cercarlo. Corre. Guarda in ogni angolo. Dietro ogni albero. Alla fine lo vede. Fermo. Di fronte a lei. La chiamano. Dalla villa. Ripetutamente. Si volta un attimo. Lui è scomparso.
Il suo equilibrio mentale è ormai a pezzi e tenta di suicidarsi dalla scogliera. Viene salvata e condotta alla villa proprio da quella persona che ella identifica con Tony. Anche questa volta egli scompare, ma il maggiordomo l'ha riconosciuto. Proprio mentre cerca di allontanarsi dalla villa si scontra con Simon. Egli si pietrifica come innanzi alla Gorgone.
Proprio la paranoia si diffonderà in quella casa. Le certezze di Eleanor e del maggiordomo non sono di certo condivise da Simon e dalla zia Aunt. Nessuno può giurare che quell'uomo sia veramente Tony. Verranno tesi sottili fili di seta per far vibrare le campane della colpa e del fallo.
Molti sono gli interessi intorno a quell'eredità e le trame sotterranee emergeranno come furie infernali, accavallandosi in una mandria di colpi di scena in cui il reale e l'irreale si fonderanno ben presto tra loro. L'unione degli antipodi non può che generare un eco in grado di distorcere ancor più una certezza assediata.
Zia Aunt rappresenta il collante e l'orgoglio della famiglia. Ella cerca in tutti i modi di tutelare i propri nipoti, propaggini di lei stessa. Quei nipoti che rappresentano la sua immortalità, non avendo lei figli, ma che in realtà quasi la divorano della sua vita terrena e reale con le loro debolezze, con la loro incapacità di essere autonomi. Con la loro incapacità di essere normali. Soprattutto Simon. In lui la fissazione ad un'emotività infantile genera un narciso in cui la distruttività si rivolge non solo su se stesso ma su ogni organismo vivente che non sia un sogno pulsante.
Proprio Janette Scott e Oliver Reed generano un occhio di bue diretto sulle loro figure. Il loro esprimere il disturbo psichico diviene un alienante stimolo neurale. I pazzi, i folli, sono degli esseri le cui emanazioni tendono a liberare l'essenza del fruitore da quei vincoli consci basilari per l'integrazione sociale. I pazzi, i folli, sono lisergite ambulante. I due attori, ma soprattutto Reed poiché nella sua parte l'alterazione va in crescendo, dimostrano una fortissima capacità di gestire questo ruolo in maniera non banale o stereotipata.
Freddie Francis, grazie a Paranoiac, è stato accusato di cavalcare l'onda del successo di Hitchcock. Il film è indubbiamente molto hitchcockiano, ma Francis sfrutta tale elemento più per spiazzare lo spettatore che per creare un surrogato, come molti ve ne furono e ancor ve ne sono. Il fruitore viene accompagnato, mediante inquadrature e solfeggi, verso la stadiazione di un'idea, derivante proprio da una sorta di possibile deja vu, e ciò rende ancor più destabilizzante l'improvviso ricredersi innanzi all'incalzare degli eventi. Il passaggio da uno "stimolo" o da un'ispirazione ad un'altra è proprio la forza di questo film. Un film che utilizza una fotografia che sembra rispecchiare quel mare di bipolarismo su cui l'opera si regge.
4 commenti:
Oliver Reed, che grande attore che era.
Peccato che negli ultimi anni della sua carriera è stato spesso sotto impiegato e sottovalutato.
Verissimo Nick. La sua capacità espressiva era magnifica. Purtroppo il cinema è ricco di fuochi di paglia che celano le energie ancora vive nei vecchi leoni.
grazie Ivano Satos un titolo da annotare e una produzione Hammer doc.
Grazie mille a te Gioacchino. Paranoiac è un film che merica, così come merita Freddie Francis.
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