Luca il Contrabbandiere di Lucio Fulci (1980). I titoli di testa paiono coriandoli in onore dei motoscafi che saettano quasi in verticale come furie. Una volta raggiunto il peschereccio, le sigarette vengono distribuite e caricate per ottimizzare lo spazio disponibile il più velocemente possibile. All'avvistamento della Guardia di Finanza comincia lo spettacolo. E' come osservare un gruppo di storni alle prese con un falco ormai anziano. La speranza è che si verifichi un miracolo. Un'avaria. Un attacco di delirium tremens...
Per i contrabbandieri non è il giorno fortunato, la presenza della Guardia di Finanza ha un significato più ampio. Essa è il simbolo dell'infamia. La presenza di un Giuda. Una spiata da 200 milioni.
Luca (Fabio Testi), il contrabbandiere del titolo, e un ex-emigrante. Ha studiato. Ha lavorato in una fabbrica di Milano e dopo la sua chiusura è tornato a Napoli dal fratello Michele (Enrico Maisto). Luca ora è il Contrabbandiere. Luca vive tra quadri lussuosi, splendidi mobili e un matrimonio che va a puttane...
Proprio tra le puttane si ritrova Luca, giunto in discoteca insieme al fratello. Tra questa fauna notturna vi è la splendida Ajita Wilson, scosciata che pare la gioia per l'intramuscolare, il pap-test, la colonscopia e il check-up completo. Il Contrabbandiere approva!
Ma Luca non può farsi distrarre da Ajita Wilson, ovvero Luisa "la napoletana". La serata in discoteca è solo per lavoro. Il contrabbandiere non tradisce!
Il sospetto comincia a premere le tempie. Come un edema cerebrale. E gli edemi rendono rabbiosi. Michele, che comincia a sospettare di tutti, conferisce con Perlante, legato alla mafia, per scovare la gola profonda dell'organizzazione.
La via del ritorno e irta di pericoli. Michele subisce un attentato mentre è in macchina con Luca e viene ucciso. L'attentato sembra una citazione de Il Padrino e dell'assassinio di Santino Corleone. In questo caso la chiamata non reca notizia di una sorella percossa ma di una cavalla, in senso equino, bruciata insieme alla stalla. Un posto di blocco con finti poliziotti e l'omicidio è servito. Michele viene mitragliato (15") e precipita (12") in un scarpata a strapiombo sul mare. (Video)
Il Contrabbandiere non è uno che si spaventa. Non è uno da pause. Dopo il funerale, effettuato a mare con i motoscafi e tutti i boss del contrabbando, prepara la sua cieca vendetta.
Non sarà facile per Luca venire a capo della fitta rete di interessi e giochi di potere alla base dell'omicidio del fratello. Innanzi a lui ci sarà un labirinto di sospetti, accuse, sangue e morti.
Nel film sono presenti due elementi essenziali per il genere. Uno di questi è la distinzione tra criminale buono e criminale cattivo. Il contrabbandiere è sempre stato visto come il povero che tira a campare. Senza alcuna distinzione. Sia quello che stava agli angoli delle strade vendendo al dettaglio, famosa l'Adelina di De Filippo, sia quello che attraversava il Mediterraneo su scafi fantascientifici. Il contrabbandiere era paragonabile all'antico brigante. Il piallatore delle ingiustizie. E la tassa sulle sigarette era vista, e lo è tuttora, la più zozza delle ingiustizie.
All'epoca 200.000 napoletani vivevano con il contrabbando. Il contrabbando quindi era una sorta di ammortizzatore sociale. Come l'indennità di disoccupazione, l'istruzione pubblica, la sanità statale, ecc. Senza contrabbando ci sarebbero stati furti, droga, rapine, ecc. Come se i soldi del contrabbando servissero solo a pagare l'affitto per la casa e il latte per i figli. Come se i soldi delle bionde non avessero sovvenzionato Cutolo, la Sacra Corona Unita, i signori della morte dell'ex-Jugoslavia, ecc. Ma essendo il film finanziato dai contrabbandieri stessi...
Una malavita quindi edulcorata, buonista, ma soprattuto nostra. Si, perché l'antagonista è il Marsigliese. Anche il Giuda è straniero... o settentrionale direbbe qualcuno.
Nulla quindi che possa far paragonare il contrabbandiere di bionde al trafficante di droga. Il Marsigliese è la rappresentazione del Male, i suoi metodi risultano paragonabili a quelli della Gestapo. Per lui lo sgarro deve esserlo in senso assoluto. In caso contrario non ci sarebbe il manicheismo che satura l'opera.
Il secondo elemento è il giustiziere o il buono quando si incazza so'... Luca agisce solo per vendicare il fratello e per difendere la sua famiglia. Non è avvezzo alla violenza, lui ha studiato, ha vissuto a Milano. E si vede pure... Luca si salva sempre per puro caso. Non scommetteremmo 'na spuntatura di sigaro su di lui.
Incrocio tra horror e poliziottesco questo secondo incontro tra Fulci e Testi. Corpi bolliti, ustioni di visi angelici, stupro mediante sodomizzazione, vilipendio di cadavere, occipitale che schizza più di un fantino, ecc.
Nel film sono presenti due elementi essenziali per il genere. Uno di questi è la distinzione tra criminale buono e criminale cattivo. Il contrabbandiere è sempre stato visto come il povero che tira a campare. Senza alcuna distinzione. Sia quello che stava agli angoli delle strade vendendo al dettaglio, famosa l'Adelina di De Filippo, sia quello che attraversava il Mediterraneo su scafi fantascientifici. Il contrabbandiere era paragonabile all'antico brigante. Il piallatore delle ingiustizie. E la tassa sulle sigarette era vista, e lo è tuttora, la più zozza delle ingiustizie.
All'epoca 200.000 napoletani vivevano con il contrabbando. Il contrabbando quindi era una sorta di ammortizzatore sociale. Come l'indennità di disoccupazione, l'istruzione pubblica, la sanità statale, ecc. Senza contrabbando ci sarebbero stati furti, droga, rapine, ecc. Come se i soldi del contrabbando servissero solo a pagare l'affitto per la casa e il latte per i figli. Come se i soldi delle bionde non avessero sovvenzionato Cutolo, la Sacra Corona Unita, i signori della morte dell'ex-Jugoslavia, ecc. Ma essendo il film finanziato dai contrabbandieri stessi...
Una malavita quindi edulcorata, buonista, ma soprattuto nostra. Si, perché l'antagonista è il Marsigliese. Anche il Giuda è straniero... o settentrionale direbbe qualcuno.
Nulla quindi che possa far paragonare il contrabbandiere di bionde al trafficante di droga. Il Marsigliese è la rappresentazione del Male, i suoi metodi risultano paragonabili a quelli della Gestapo. Per lui lo sgarro deve esserlo in senso assoluto. In caso contrario non ci sarebbe il manicheismo che satura l'opera.
Il secondo elemento è il giustiziere o il buono quando si incazza so'... Luca agisce solo per vendicare il fratello e per difendere la sua famiglia. Non è avvezzo alla violenza, lui ha studiato, ha vissuto a Milano. E si vede pure... Luca si salva sempre per puro caso. Non scommetteremmo 'na spuntatura di sigaro su di lui.
Incrocio tra horror e poliziottesco questo secondo incontro tra Fulci e Testi. Corpi bolliti, ustioni di visi angelici, stupro mediante sodomizzazione, vilipendio di cadavere, occipitale che schizza più di un fantino, ecc.
Lucio Fulci, come spesso accade, metabolizza, attraverso il suo occhio artaudiano, opere precedenti. Egli le estremizza fino a sconvolgere esse e il fruitore del suo nuovo parto. E' quello che accade, in questo caso, con il film "I contrabbandieri di Santa Lucia", di Alfonso Brescia, prodotto l'anno prima di "Luca il Contrabbandiere".
I contrabbandieri di Santa Lucia di Alfonso Brescia (1979). Il cambio di regime in Persia, dovuto alla rivoluzione islamica dell'ayatollah Khomeini, porta all'esportazione di un massiccio quantitativo di eroina, circa cinque quintali, che dal giovane Iran raggiunge l'Occidente. I capi delle cinque famiglie mafiose di New York, grazie alla mentalità imprenditoriale di Don Calogero Avallone (Rik Battaglia), si alleano tra loro e acquistano l'ingente carico per ben venti milioni di dollari.
In una riunione dell'Interpol, finalizzata a impedire che quella droga raggiunga l'America, si distingue, per il suo intuito, il capitano dell'FBI Ivano Radevic (Gianni Garko), che identifica la città di Napoli come tappa intermedia per la lavorazione del prodotto. Il capitano Radevic viene quindi mandato nel capoluogo partenopeo dove, grazie ad alcuni scugnizzi, conosce don Francesco Autiero (Mario Merola), che gestisce il lavoro degli scafisti.
L'incontro genera un monologo di don Francesco sulla funzione salvifica del contrabbando, senza il quale non solo i napoletani non potrebbero mangiare, ma sarebbero costretti a far altro.... Mica stiamo a Torino!
<<Il contrabbando a Napoli è come la Fiaatt! Soltanto che noi non possiamo scioperare. Questa è tutta gente che campa con le sigarette. Sono quartieri interi. Con la disoccupazione che c'è questa gente come dovrebbe vivere? Molto spesso quando si compra un carico, i soldi vengono messi insieme dagli stessi venditori, i quali, il più delle volte, non li hanno. Allora se li fanno prestare, e quelli che li prestano vogliono gli interessi. Quando la finanza si prende il carico, a perdere siamo tutti. Ma si puo vivere così capitano?>>
Completa la disertazione una visita alla modesta casa di una venditrice di sigarette. Ma don Francesco sfonda una porta aperta, il capitano infatti, conscio della superiorità morale dei contrabbandieri, aveva già individuato in lui il suo autoctono per risolvere il problema della partita di eroina. L'aiuto nella ricerca dei narcotici e un occhio chiuso per i traffici di sigarette sono il sigillo del patto tra i due uomini. La caccia è ora aperta.
Nel film vi sono momenti di sana ironia, grazie soprattutto a Lucio Montanaro e alla sua fissazione per la sua macchina, con la quale scorrazza Mario Merola. La scena in cui Gianni Garko, osservando i manifesti del film "Lo Scugnizzo", diretto sempre da Alfonso Brescia, dice << Ma c'è pure Gianni Garko! Allora deve essere proprio un bel film!>>, potrebbe apparire come un simpatico siparietto di metacinema se non fosse che, un attimo dopo, lo stesso Alfonso Brescia, dirigendosi verso il manifesto, decanta <<Alfonso Brescia! Ma chi cazzo è 'sta Alfonso Brescia!>> trasformando il siparietto in un vero capolavoro!!!
In una riunione dell'Interpol, finalizzata a impedire che quella droga raggiunga l'America, si distingue, per il suo intuito, il capitano dell'FBI Ivano Radevic (Gianni Garko), che identifica la città di Napoli come tappa intermedia per la lavorazione del prodotto. Il capitano Radevic viene quindi mandato nel capoluogo partenopeo dove, grazie ad alcuni scugnizzi, conosce don Francesco Autiero (Mario Merola), che gestisce il lavoro degli scafisti.
L'incontro genera un monologo di don Francesco sulla funzione salvifica del contrabbando, senza il quale non solo i napoletani non potrebbero mangiare, ma sarebbero costretti a far altro.... Mica stiamo a Torino!
<<Il contrabbando a Napoli è come la Fiaatt! Soltanto che noi non possiamo scioperare. Questa è tutta gente che campa con le sigarette. Sono quartieri interi. Con la disoccupazione che c'è questa gente come dovrebbe vivere? Molto spesso quando si compra un carico, i soldi vengono messi insieme dagli stessi venditori, i quali, il più delle volte, non li hanno. Allora se li fanno prestare, e quelli che li prestano vogliono gli interessi. Quando la finanza si prende il carico, a perdere siamo tutti. Ma si puo vivere così capitano?>>
Completa la disertazione una visita alla modesta casa di una venditrice di sigarette. Ma don Francesco sfonda una porta aperta, il capitano infatti, conscio della superiorità morale dei contrabbandieri, aveva già individuato in lui il suo autoctono per risolvere il problema della partita di eroina. L'aiuto nella ricerca dei narcotici e un occhio chiuso per i traffici di sigarette sono il sigillo del patto tra i due uomini. La caccia è ora aperta.
Nel film vi sono momenti di sana ironia, grazie soprattutto a Lucio Montanaro e alla sua fissazione per la sua macchina, con la quale scorrazza Mario Merola. La scena in cui Gianni Garko, osservando i manifesti del film "Lo Scugnizzo", diretto sempre da Alfonso Brescia, dice << Ma c'è pure Gianni Garko! Allora deve essere proprio un bel film!>>, potrebbe apparire come un simpatico siparietto di metacinema se non fosse che, un attimo dopo, lo stesso Alfonso Brescia, dirigendosi verso il manifesto, decanta <<Alfonso Brescia! Ma chi cazzo è 'sta Alfonso Brescia!>> trasformando il siparietto in un vero capolavoro!!!
Spesso viene sottolineato il contrasto tra la povertà dei contrabbandieri e la ricchezza, a cui si associa l'assenza di valori, dei criminali coinvolti con il narcotraffico. Del resto gli altri, i cattivi, sono sempre circondati da puttane, sia in guerra sia in politica...
"I contrabbandieri di Santa Lucia" è un poliziottesco molto rozzo, che comunque riesce a farsi guardare se si sorvola soprattutto sulla parte iniziale, ricca di collage, tremolio parkinsoniano e americani comici.
Le scene di violenza strizzano a volte l'occhio al gangsterismo. Anche questo film rientra nel filone "l buono quando si incazza so'... ". Don Francesco è un criminale che conta per i morti di fame ma in realtà non conta nulla, un po' come l'Al Pacino di Donnie Brasco. Un particolare evento però scatenerà la sua vendetta, perché le lacrime napulitane evaporano sempre in napalm!
L'importante è tener conto della sua natura propagandistica, che già di per se rappresenta un motivo per fruire di esso in quanto documento di una certa mentalità ancor viva nella nostra Penisola. Se "Luca il Contrabbandiere" è stato esaltato per quell'occhio antropologico che entrava nei vicoli e nelle case del sottoproletariato napoletano, cosa che "I contrabbandieri di Santa Lucia" fa in modo più approfondito, potremmo dire che questi due film sono essi stessi reperti antropologici in quanto manifestazione di quella stessa cultura da essi rappresentata.
Abbandoniamo il folklore e approdiamo in un territorio fatto di indagini e studi che dalla criminalità locale passano per la geopolitica del bacino mediterraneo e le multinazionali del tabacco.
"Le male vite" di Alessandro Leogrande, 2010, Fandango Libri, Roma. L'autore analizza in questo saggio quel traffico di oro "biondo" che dai Balcani si riversa in Italia per poi diffondersi a tutte le nazioni dell'Unione Europea.
Se nel passato gli scafisti sfidavano la Guardia di Finanza in acrobazie acquatiche, attraverso inseguimenti che dall'Adriatico si proiettavano sulle strade della Puglia, ora lo scontro diviene mimetico. I mostri meccanici, camerati corazzati di un mare e di una terra appartenenti all'Antistato, vengono sostituiti dai tir. La diligenza della globalizzazione si trasforma in un cavallo di Troia che tenta di inserirsi nel muro originato dal rigido blocco nato con "L'Operazione Primavera", reazione dello Stato al sanguinario omicidio di due agenti della guardia di finanza, Alberto De Falco e Antonio Sottile, morti dopo essere stati travolti da uno di quei mostri meccanici mentre presidiavano un posto di blocco nel brindisino. Proprio quella strage segnò la fine del contrabbando per mezzo di motoscafi e fuoristrada carenati.
I finanzieri Alberto De Falco e Antonio Sottile, assassinati la sera del 23 febbraio del 2000 |
La macchina della guardia di finanza da cui sono stati estratti i corpi dei due agenti |
Leogrande, mostrandoci i legami tra mafiosi, politici, nazionalisti e multinazionali del tabacco, sfata il mito del contrabbando di bionde come ammortizzatore sociale per quegli strati della popolazione che più rappresentano la cecità morale dello stato. Le sigarette sono state il propellente per realizzare il passaggio da associazioni criminali territoriali a network criminal-imprenditoriali.
A questa evoluzione hanno contribuito tutti, grazie a quel germe che va sotto il nome di consumismo. E' l'iperfagico desiderio della "roba" che ha oliato ciò che Leogrande definisce come il passaggio del crimine a fatto sociale e da questo a fatto politico, caratterizzato dalla sua internazionalizzazione e de-territorializzazione.
La visione romantica del contrabbandiere, colui che sopravvive senza recare danno, a differenza dello spacciatore, è una favola che viene ancora narrata e lodata nonostante la realtà sia diversa e davanti agli occhi di tutti. Il contrabbando di sigarette ha infatti scatenato, ma anche nutrito, la guerra tra la NCO di Raffaele Cutolo e la Nuova Famiglia.
Nella criminalità tutti i settori sono collegati tra loro. L'estorsione, il contrabbando di sigarette, lo spaccio degli stupefacenti, la prostituzione, ecc. Non si può cedere nulla. Cedere il traffico di eroina, per potenziare quello della cocaina, come espresso dalla testimonianza di Salvatore Annacondia alla Commissione antimafia, vuol dire cedere potere a un amico/alleato attuale ma potenziale nemico futuro. I boss possono creare delle zone libere dallo spaccio, come imposto a Mondragone dal boss Augusto La Torre (Saviano - Gomorra, 2006, Arnoldo Mondadori Editore), ma solo come manifestazione di potere militare e di valore morale. Vale per la droga come per le sigarette.
Il contrabbando di sigarette ha un ruolo talmente importante per le organizzazioni criminali italiane da indurne perfino la nascita. L'importanza della Puglia, come porta d'ingresso europea per le "bionde", ha inizio a metà degli anni '60, come conseguenza del controllo della monarchia marocchina sul porto franco di Tangeri. Le mafie italiane sostituirono la tratta tirrenica con quella adriatica, instaurando legami con uomini di Tito, di Hoxha e dei Colonnelli Greci.
La criminalità pugliese, conscia del ruolo strategico della propria regione, fonda la Sacra Corona Unita, come atto di emancipazione dal giogo della camorra e della 'ndrangheta. Il Canale d'Otranto è ora un tratto di mare extraterritoriale per le altre mafie.
Proprio il Canale d'Otranto diverrà la nuova via della seta per i traffici illeciti, soprattutto dopo il crollo dei regimi comunisti. La SCU comincerà a interagire con i nuovi politici/criminali, ampliando la tipologia di merce trattata e aumentando il suo ruolo internazionale e il suo potere sulle altre organizzazioni criminali italiane. Attraverso il mar Adriatico giungeranno in Italia, e da qui agli altri stati dell'Unione Europea, non solo le sigarette ma anche droga, prostitute, immigranti, benzina, auto rubate e armi. Moltissime armi ed esplosivi. Grazie anche al ruolo avuto dai nazionalisti che hanno insanguinato la Jugoslavia. Un nome per tutti può essere quello di Arkan "La Tigre dei Balcani", che da rapinatore ricercato in tutta Europa diverrà poi uno dei più grandi criminali di guerra. Cosa ha permesso ad Arkan di fare questo salto che lo ha reso ricchissimo e adorato da tutti i gruppi di estrema destra? Il calcio!
Arkan era il capo ultras della Stella Rossa Belgrado, riciclato poi da Slobodan Milošević come capo della milizia volontaria, da cui nasceranno le terribili e sanguinarie "Tigri di Arkan". Questa milizia ha partecipato a massacri, tra cui la straga di Prijedor e il genocidio di Srebrenica, e a innumerevoli razzie. Innanzi a un numero così elevato di morti, circa 30.000, non è delicato parlare di saccheggi, ma questo rende bene l'idea di ciò che è stata la guerra in Jugoslavia, ovvero una rapina travestita da guerra nazionalista. Arkan e i suoi capi si sono infatti arricchiti, tra una pulizia etnica e l'altra, grazie ai saccheggi e al contrabbando, anche di sigarette.
All'interno di questo quadro si collocano alcune multinazionali del tabacco, desiderose di occupare anche il mercato sommerso. Il Montenegro, la Giulietta pettoruta a cui guardava il Romeo pugliese, era raggiunto infatti da casse di sigarette uscite belle pulite dai depositi delle multinazionali in Svizzera come da quelli ad Anversa e Rotterdam. Le multinazionali incriminate, non riuscendo ad abbattere il monopolio di stato, hanno deciso di aggirarlo.
Abbiamo visto quindi che da un contrabbando extraispettivo, basato sull'uso di scafi, si è passato a un contrabbando intraspettivo, basato su un carico nascosto nei tir. Quali sono le conseguenze di questa evoluzione nel traffico di sigarette per la criminalità come per la giustizia? L'autore risponde in maniera esauriente a queste domande, facendoci quindi comprendere i moti di adattamento che sono a monte di quelle notizie di cronaca, spesso efferate, che leggiamo sui giornali.
Merito dell'autore è anche quello di parlare di una criminalità, quella pugliese, che risulta sconosciuta. Il barbaro omicidio di Melissa Bassi, la sedicenne di Mesagne uccisa nell'attentato a una scuola brindisina, ha acceso i riflettori sulla Sacra Corona Unita, così come ha fatto la strage sulla 106 ionica, in cui sono morti Cosimo Orlando, la compagna Carla Maria Fornari e il figlio di quest'ultima, Domenico di quasi tre anni, per la mala tarantina. Quella pugliese rimane comunque una mala di cui ancora si stenta a parlare. Una mala che ancora non si conosce. L'autore riporta infatti le parole di Giuseppe Scelsi, sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia di Bari, riguardo all'ignoranza sulla criminalità pugliese: <<Quando si parla di criminalità pugliese si pensa subito alla Sacra corona unita, però la Scu è un fenomeno che riguarda soprattutto Brindisi e la sua provincia. In realtà le organizzazioni criminali in Puglia non sono radicate solo in questa zona, ma dislocate lungo tutto il territorio e non si chiamano solo Sacra corona unita.>>
Collegandomi a quanto detto dal sostituto procuratore Scelsi, ma anche da Annacondia sull'obbligatoria interconnesione dei diversi traffici illeciti, vi segnalo il prossimo saggio che verrà recensito per la rubrica Italia Criminale: "Taranto, tra pistole e ciminiere. Storia di una saga criminale" di Nicolangelo Ghizzardi e Arturo Guastella, 2011, I Libri di Icaro - Edizione Città Futura, Lecce.
Nicolangelo Ghizzardi, attualmente magistrato di Cassazione con funzione di Procuratore della Repubblica Aggiunto presso il Tribunale di Brindisi, è stato sostituto procuratore al Tribunale di Taranto.
Il magistrato ha sostenuto l'accusa contro gli uomini coinvolti nell'ascesa e nella caduta del clan Modeo, una saga criminale in cui la guerra tra Antonio Modeo, detto il "Messicano", e i suoi tre fratelli, Gianfranco, Riccardo e Claudio, ha irrorato il suolo con il sangue di 169 persone, per poi asciugarlo con kilogrammi di tritolo.
Proprio attraverso la gestione del contrabbando di sigarette è nato il potere della famiglia Modeo. Il denaro ricavato dalle bionde ha reso possibile il coinvolgimento dei quattro fratelli nelle altre attività criminali. Viene quindi rispettata l'evoluzione delle organizzazioni criminali e la regola della monopolizzazione delle attività criminali descritta da Annacondia? No, Il "Messicano" decide di inseguire un sogno romantico. Il sogno di una criminalità senza eroina. Proprio Annacondia avrà un ruolo nel contrastare questa utopia...
Il magistrato ha collaborato alla puntata di "Città Criminali" che LA7 ha dedicato alla città di Taranto, puntata che si è aggiudicata il primo premio della fiction edita nella sezione "miglior documentario" al Roma Fiction Festival.
A questa evoluzione hanno contribuito tutti, grazie a quel germe che va sotto il nome di consumismo. E' l'iperfagico desiderio della "roba" che ha oliato ciò che Leogrande definisce come il passaggio del crimine a fatto sociale e da questo a fatto politico, caratterizzato dalla sua internazionalizzazione e de-territorializzazione.
La visione romantica del contrabbandiere, colui che sopravvive senza recare danno, a differenza dello spacciatore, è una favola che viene ancora narrata e lodata nonostante la realtà sia diversa e davanti agli occhi di tutti. Il contrabbando di sigarette ha infatti scatenato, ma anche nutrito, la guerra tra la NCO di Raffaele Cutolo e la Nuova Famiglia.
Nella criminalità tutti i settori sono collegati tra loro. L'estorsione, il contrabbando di sigarette, lo spaccio degli stupefacenti, la prostituzione, ecc. Non si può cedere nulla. Cedere il traffico di eroina, per potenziare quello della cocaina, come espresso dalla testimonianza di Salvatore Annacondia alla Commissione antimafia, vuol dire cedere potere a un amico/alleato attuale ma potenziale nemico futuro. I boss possono creare delle zone libere dallo spaccio, come imposto a Mondragone dal boss Augusto La Torre (Saviano - Gomorra, 2006, Arnoldo Mondadori Editore), ma solo come manifestazione di potere militare e di valore morale. Vale per la droga come per le sigarette.
Salvatore Annacondia, boss indiscusso del nord barese ora collaboratore di giustizia. |
Il contrabbando di sigarette ha un ruolo talmente importante per le organizzazioni criminali italiane da indurne perfino la nascita. L'importanza della Puglia, come porta d'ingresso europea per le "bionde", ha inizio a metà degli anni '60, come conseguenza del controllo della monarchia marocchina sul porto franco di Tangeri. Le mafie italiane sostituirono la tratta tirrenica con quella adriatica, instaurando legami con uomini di Tito, di Hoxha e dei Colonnelli Greci.
La criminalità pugliese, conscia del ruolo strategico della propria regione, fonda la Sacra Corona Unita, come atto di emancipazione dal giogo della camorra e della 'ndrangheta. Il Canale d'Otranto è ora un tratto di mare extraterritoriale per le altre mafie.
Proprio il Canale d'Otranto diverrà la nuova via della seta per i traffici illeciti, soprattutto dopo il crollo dei regimi comunisti. La SCU comincerà a interagire con i nuovi politici/criminali, ampliando la tipologia di merce trattata e aumentando il suo ruolo internazionale e il suo potere sulle altre organizzazioni criminali italiane. Attraverso il mar Adriatico giungeranno in Italia, e da qui agli altri stati dell'Unione Europea, non solo le sigarette ma anche droga, prostitute, immigranti, benzina, auto rubate e armi. Moltissime armi ed esplosivi. Grazie anche al ruolo avuto dai nazionalisti che hanno insanguinato la Jugoslavia. Un nome per tutti può essere quello di Arkan "La Tigre dei Balcani", che da rapinatore ricercato in tutta Europa diverrà poi uno dei più grandi criminali di guerra. Cosa ha permesso ad Arkan di fare questo salto che lo ha reso ricchissimo e adorato da tutti i gruppi di estrema destra? Il calcio!
Arkan era il capo ultras della Stella Rossa Belgrado, riciclato poi da Slobodan Milošević come capo della milizia volontaria, da cui nasceranno le terribili e sanguinarie "Tigri di Arkan". Questa milizia ha partecipato a massacri, tra cui la straga di Prijedor e il genocidio di Srebrenica, e a innumerevoli razzie. Innanzi a un numero così elevato di morti, circa 30.000, non è delicato parlare di saccheggi, ma questo rende bene l'idea di ciò che è stata la guerra in Jugoslavia, ovvero una rapina travestita da guerra nazionalista. Arkan e i suoi capi si sono infatti arricchiti, tra una pulizia etnica e l'altra, grazie ai saccheggi e al contrabbando, anche di sigarette.
Il comandante Arkan con le sue Tigri e la loro mascotte |
Il memoriale del genocidio di Srebrenica |
Abbiamo visto quindi che da un contrabbando extraispettivo, basato sull'uso di scafi, si è passato a un contrabbando intraspettivo, basato su un carico nascosto nei tir. Quali sono le conseguenze di questa evoluzione nel traffico di sigarette per la criminalità come per la giustizia? L'autore risponde in maniera esauriente a queste domande, facendoci quindi comprendere i moti di adattamento che sono a monte di quelle notizie di cronaca, spesso efferate, che leggiamo sui giornali.
Merito dell'autore è anche quello di parlare di una criminalità, quella pugliese, che risulta sconosciuta. Il barbaro omicidio di Melissa Bassi, la sedicenne di Mesagne uccisa nell'attentato a una scuola brindisina, ha acceso i riflettori sulla Sacra Corona Unita, così come ha fatto la strage sulla 106 ionica, in cui sono morti Cosimo Orlando, la compagna Carla Maria Fornari e il figlio di quest'ultima, Domenico di quasi tre anni, per la mala tarantina. Quella pugliese rimane comunque una mala di cui ancora si stenta a parlare. Una mala che ancora non si conosce. L'autore riporta infatti le parole di Giuseppe Scelsi, sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia di Bari, riguardo all'ignoranza sulla criminalità pugliese: <<Quando si parla di criminalità pugliese si pensa subito alla Sacra corona unita, però la Scu è un fenomeno che riguarda soprattutto Brindisi e la sua provincia. In realtà le organizzazioni criminali in Puglia non sono radicate solo in questa zona, ma dislocate lungo tutto il territorio e non si chiamano solo Sacra corona unita.>>
Collegandomi a quanto detto dal sostituto procuratore Scelsi, ma anche da Annacondia sull'obbligatoria interconnesione dei diversi traffici illeciti, vi segnalo il prossimo saggio che verrà recensito per la rubrica Italia Criminale: "Taranto, tra pistole e ciminiere. Storia di una saga criminale" di Nicolangelo Ghizzardi e Arturo Guastella, 2011, I Libri di Icaro - Edizione Città Futura, Lecce.
Nicolangelo Ghizzardi, attualmente magistrato di Cassazione con funzione di Procuratore della Repubblica Aggiunto presso il Tribunale di Brindisi, è stato sostituto procuratore al Tribunale di Taranto.
Il magistrato ha sostenuto l'accusa contro gli uomini coinvolti nell'ascesa e nella caduta del clan Modeo, una saga criminale in cui la guerra tra Antonio Modeo, detto il "Messicano", e i suoi tre fratelli, Gianfranco, Riccardo e Claudio, ha irrorato il suolo con il sangue di 169 persone, per poi asciugarlo con kilogrammi di tritolo.
Proprio attraverso la gestione del contrabbando di sigarette è nato il potere della famiglia Modeo. Il denaro ricavato dalle bionde ha reso possibile il coinvolgimento dei quattro fratelli nelle altre attività criminali. Viene quindi rispettata l'evoluzione delle organizzazioni criminali e la regola della monopolizzazione delle attività criminali descritta da Annacondia? No, Il "Messicano" decide di inseguire un sogno romantico. Il sogno di una criminalità senza eroina. Proprio Annacondia avrà un ruolo nel contrastare questa utopia...
Il magistrato ha collaborato alla puntata di "Città Criminali" che LA7 ha dedicato alla città di Taranto, puntata che si è aggiudicata il primo premio della fiction edita nella sezione "miglior documentario" al Roma Fiction Festival.
3 commenti:
Grazie Mille Cassidy! Una commistione di generi succosa e disturbante quella di Fulci ;)
Incredibile il viaggio che sei riuscito a fare, smascherando il gioco della cultura popolare! Lo splendido siparietto di metacinema che segnali è simbolico: l'esaltazione filmica dei contrabbandieri come maschera per un gioco molto più sporco e molto più vasto.
Ignoravo quasi tutto ciò che hai scritto quindi ti ringrazio per questo splendido saggio ^_^
Grazie Mille Lucius ;) Il contrabbando è come un vizio comune, esso infatti ascende a pubblica virtù. Nel Sud è stato più fecondo delle cattedrali nel deserto sorte durante il boom economico. Non parliamo poi dell'indotto...
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