In un mercato dell'antiquariato, il professor Giorgio Dal Colle osserva attentamente alcune foto in vendita. Decide quindi di acquistare l'intero blocco.
L'uomo, che ha compreso l'origine di quelle foto, si reca nei sotterranei di un edificio, aprendo poi un varco in una diramazione bloccata. Raggiunta la fine del corridoio inizia a scattare alcune fotografie.
Tornato a casa, si incontra con un giornalista a cui tenta di spiegare l'importanza della scoperta effettuata. L'improvviso sopraggiungere di uno sconosciuto sconvolge i piani dei due uomini. Il professore fa nascondere il giornalista a cui da il compito di custodire le foto.
Il giornalista, sentita la messa in moto della macchina del visitatore, esce dal suo nascondiglio. Non trovando traccia di Dal colle, decide di tornare a casa.
Il professore risulterà irreperibile sia all'università sia all'appartamento. Il giornalista deciderà di indagare sulla sua scomparsa partendo proprio da quelle fotografie.
Il vecchio, il vetusto, sono elementi che ritornano nelle opere di Lorenzo Bianchini. Gli edifici abbandonati, anche se affacciati su vie popolate, conservano un'aurea di mistero e pericolo. E' come se inglobassero la persona in un disorientamento labirintico, una sorta di scambio osmotico invariabile, obbligatorio, non omissibile. Con una sovraesposizione alienante.
Altro elemento legato con il passato, e fonte di illuminazione, sono le fotografie. La loro visione nasconde sempre informazioni essenziali. Tutto ciò genera un ponte temporale, caratterizzato da una regressione sofferta e claudicante, a cui corrisponde un riemergere furioso e bestiale.
Presenti anche elementi che legano "Custodes Bestiae" con Pupi Avati. La provincia di Bianchini, comunque, non appare gaudente e grottesca come quella dell'Avati, ma come essa risulta chiusa, malata, segreta. Dove quella di Pupi Avati è un'indagine quasi di pedinamenti verbali, quella di Bianchini è una tessitura d'archivo, un pedinamento mentale.
Dal punto di vista tecnico ci sono delle carenze, sia audio sia video, ma quello che noi cerchiamo sempre di sottolineare è la capacità di un'opera di penetrare nell'equilibrio del fruitore, modificandolo e straziandolo. "Custodes Bestiae", nonostante alcune pecche tecniche e la necessità di qualche spuntatina, è un'opera da vedere assolutamente.
Altro elemento legato con il passato, e fonte di illuminazione, sono le fotografie. La loro visione nasconde sempre informazioni essenziali. Tutto ciò genera un ponte temporale, caratterizzato da una regressione sofferta e claudicante, a cui corrisponde un riemergere furioso e bestiale.
Presenti anche elementi che legano "Custodes Bestiae" con Pupi Avati. La provincia di Bianchini, comunque, non appare gaudente e grottesca come quella dell'Avati, ma come essa risulta chiusa, malata, segreta. Dove quella di Pupi Avati è un'indagine quasi di pedinamenti verbali, quella di Bianchini è una tessitura d'archivo, un pedinamento mentale.
Dal punto di vista tecnico ci sono delle carenze, sia audio sia video, ma quello che noi cerchiamo sempre di sottolineare è la capacità di un'opera di penetrare nell'equilibrio del fruitore, modificandolo e straziandolo. "Custodes Bestiae", nonostante alcune pecche tecniche e la necessità di qualche spuntatina, è un'opera da vedere assolutamente.
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