giovedì 30 luglio 2015

Cristian Leonardi - Il Dio delle Anime Urlanti





 La sincerità, insieme alla condivisione di ideali e interessi, è uno dei più grandi doni per una coppia. La sincerità è fondamentale, ma a volte è preferibile avere la testa sprofondata nella terra e le piante dei pedi a rosolare al sole invece di essere illuminati dall'onniscienza sulla dolce e limpida metà. Specialmente se ciò vuol dire vivere con la consapevolezza di un tradimento passato...
 Stefano, se avesse potuto scegliere, avrebbe preferito non sapere nulla. Rimanere all'oscuro di tutto. Invece il tradimento di Giulia continua a muoversi in lui come una spina penetrata nella carne e ormai persa in se. Non che Giulia stia meglio. Il suo senso di colpa la percuote con la ritmicità di una lancetta affilata come un rasoio.
 Un week end nell'ntimità di una baita, immersa nei boschi della Valtellina, potrebbe migliorare la situazione. Perché nessuno vuole rompere definitivamente, nonostante tutto.
  Cristian Leonardi, con Il Dio delle Anime Urlanti, prende per mano il lettore, distraendolo, soprattutto se cervide, e lasciandolo sprofondare in un'empatia temuta e straziante. Imbrovvisamente la sua anima sarà scossa da emozioni ben più estreme, frutto di una natura morta e componibile. L'anatomia umana verra ibridata col paesaggio silvestre.
 Ben presto, l'istinto prevalente non sarà quello del possesso, padre della gelosia. L'istinto primordiale che emergerà, gridando con la forza dell'uomo selvaggio, sarà l'istinto di sopravvivenza.
 Noi correremo e bestemmieremo insieme ai protagonisti della storia. I buoni. I giusti. Ma Leonardi è in grado di stemperare tutto con un'ironia politicamente scorretta che addobba e mimetizza la verità che fa urlare. Se poi non capite è un problema vostro...

lunedì 27 luglio 2015

La Pupa e... l'Altro: Eva Grimaldi in "La monaca nel peccato" di Joe D'Amato




     Il film si apre con una barocca divaricata gemente. La pudica Susanna (Eva Grimaldi) è violata su tavolata dal padre infoiato. La madre, giunta in tale luogo e in tal momento, decide di chiuderla in convento.
 La vestizione liturgica risulta carnale nella sua epifania su compiaciuti sguardi superiori. Al termine di essa, Suor Susanna viene condotta nella sua cella, sotto lo sguardo ostile di Suor Teresa.
 La languida preghiera di Suor Susanna viene interrotta dall'arrivo della Madre Superiore che, denudatala, la mette a letto. Suor Teresa, nascosta fuori dalla cella, capisce che i suoi timori non erano l'infondato frutto dell'eccessiva gelosia per la Madre Superiore.
 Il giorno dopo Suor Susanna viene presentata a Don Morel, lo sguardo tra i due preannuncia liriche e salmi a doppia sponda, con e senza birilli.
 Tra le sorelle vi è un rapporto molto goliardico, da caserma oserei dire. Oggetto di derisione risulta Suor Agata, la cui debolezza è rappresentata da Lazzareno. Nel convento si muove infatti, torsolo denudato, un fusto orfanello muto addetto al secchio d'acqua.
 La passione è tale che la suora è afflitta da allucinazioni. Perfino la bronzea statua le appare con le fattezze dell'orfanello, il quale si presenta come mimo di corso. La trasformazione di Suor Angela in Pigmaliona non passa inosservata...





 L'arte clavicembala di Suor Susanna diviene l'attrazione per le sorelle del convento, soprattutto per la Madre che, mandate via le altre capinere, tenta di approfittare della fanciulla. Un attacco tisico scoperchia la pentola diabolica e la Madre deve ritirarsi nella sua stanza per poter riposare. L'assedio viene solo rimandato...
 L'assedio è come l'aggressività all'interno di una famiglia. L'assediato si trasforma in assediante del più debole, ovvero Don Morel.




 La malattia della Madre Superiore dona potere a Suor Teresa, Vice Superiora. Il servo, divenuto ormai padrone, non tarderà a manifestare il suo potere su Suor Susanna.
 "La monaca nel peccato" è un nunsploitation divaricatore, il ditilame avrà un ruolo catartico nell'opera, come nella vita delle monache. Anche l'abluzione avrà molto spazio, tipico elemento ossessivo-compulsivo. La flagellazione, come il ditisco appena accennato, sarà anch'essa ora egoistica ora solidale.
 Eva Grimaldi riempie lo schermo con quel fisico maestoso da lussazione omerale se tentata percossa di globulame. La sua emersione dalla vasca pare ascesa di centaura coscia cavallina.
  Joe D'Amato ricalca "Confessioni proibite di una monaca adolescente", rendendolo più cupo e trasformando la protagonista in una preda che tenta di evolversi a cacciatrice. Proprio la tendenza verso il dramma e il neorealismo porcelloso hanno creato una voragine che ha impedito l'utilizzo di un mattatore sullo stile di William Berger, il pretaccio utilizzato dal Maestro in "Confessioni proibite di una monaca adolescente".
 Guardandolo oggi, il film pare solo leggermente più estremo di alcune fiction nazionali dai nomi assurdi e dai personaggi interscambiabili. Anche la fotografia da novella popolare risulta molto simile.




Pop Art: Joe Phillips





mercoledì 15 luglio 2015

Kieron Gillen & Caanan White - Uber, vol.1





      Kieron Gillen & Caanan White - Uber, vol.1
     Aprile 1945. Il Terzo Reich è ormai compresso dall'avanzata dell'Armata Rossa. Tra i due fronti i rastrellamenti proseguono incessanti. Razzie, stupri, ricerca di disertori, spie, collaborazionisti, impuri... Ma un'altra selezione viene effettuata dai nazisti. Le ultime fasi della guerra necessitano di una scossa, di un ultimo colpo che faccia tremare le false convinzioni dei tre uomini di Jalta. Le armi segrete possono finalmente essere utilizzate. Armi costituite non da elementi fissili, ma da carne forgiata nelle sadiche fucine dove l'ideologia nazista percuote la natura piegandola al suo volere.




 La grande Germania diviene la rappresentazione terrena dell'inferno. Fratelli che si uccidono tra loro, torture, membra indifese fuse in una sola macchia sul terreno. Fiamme, cenere e sangue. Da questo Ade che funge da terreno di coltura, emerge l'Ubermensch, l'uomo nuovo frutto non della selezione naturale o dell'evoluzione dello spirito. Il superuomo tedesco è il germoglio della modificazione genetica!




 Immaginate "La Spiaggia" o "La fuga dall'Etna" dipinte da un Guttuso affetto dallo shock da granata. Gli esseri umani diventano quindi non solo carne da cannone, ma vernice biologica per quadri agghiaccianti, inchiostro per una storia che narra un'ucronia folle con la voce stridente del metallo distorto.


 Ho conosciuto questa serie, di cui sono usciti per il momento tre volumi in inglese e uno in italiano, grazie al sempre informatissimo Alessandro Girola, vi rimando quindi al suo articolo sulla serie Uber. Come possibile soundtrack vi segnalo l'album "Uber Alles" degli Hanzel und Gretyl.



lunedì 13 luglio 2015

La Pupa e... l'Altro: Laura Gemser in "Emanuelle e gli ultimi cannibali" di Joe D'Amato





     Emanuelle (Laura Gemser) riprende di nascosto la follia che sceneggia in un ospedale psichiatrico. Improvvisamente un'infermiera lamenta mastectomia orale abusiva, dibattendo la sua nudità insanguinata. Gli inservienti contenzionano la colpevole ancora banchettante nella tranquillità della sua stanza. L'antropofaga, che mostra violenta regressione alla fase orale, è stata trovata due giorni prima al confine con la Foresta Amazzonica.
 Emanuelle, durante la notte, si reca nella stanza della ghiottona. Trovatala ancora legata, ne approfitta per effettuare un'intervista particolare, usufruendo delle teorie del Dalrymple, ma senza ottenere alcun risultato.
 Emanuelle, una volta terminate le due settimane di falso ricovero, riferisce l'avvenimento al direttore del suo giornale, documentando tutto con le numerose foto scattate.
 Proprio grazie a una di queste foto, Emanuelle scopre un particolare tatuaggio pubico sul corpo dell'antropofaga, il simbolo dei Tupiman, una tribù che risulta ormai estinta. Emanuelle organizza una spedizione in Amazzonia finalizzata a verificare la reale estinzione della tribù di cannibali. La spedizione sarà guidata dal professor Mark Lester (Gabriele Tinti), noto antropologo.
Il Groucho bonelliano diceva: <<Fai testamento, perché partire è anche un po' morire>>. Ognuno, prima di un viaggio, effettua dei riti scaramantici. Quale rito può esser compiuto da Emanuelle? Un bel accoppiamento con sfondo il ponte di Brooklyn.



 Ma perché limitarsi a Vladimata proletaria se si può usufruire di raffinata turcata imperiale?



 Giunti in Amazzonia, i due vengono ospitati da Wilkes, amico di Lester. Isabelle (Monica Zanchi), la figlia di Wilkes, ha un debole per il professore e si intrattiene a spiare i suoi accoppiamenti mentre è intenta a stimolare i suoi livelli di prolattina.
 Il giorno dopo, Emanuelle e Mark partono per la missione di padre Morales, colui che ha soccorso la ragazza azzannatrice. A loro si uniscono Isabelle, Suor Angela (Annamaria Clementi) e due portantini. Scopriremo ben presto che Isabelle non pone limiti alla sua stimolazione endocrina, inducendo, oltre che a noi, anche nervosismo animale.






mercoledì 8 luglio 2015

"Le letture pendant e la biblioteca omofoba", secondo articolo per il progetto Misobiblioso dell'amico Lucius




      L'amico Lucius ha generato un sublime progetto sovversivo legato alla misobiblìa, l'odio per i libri!
 Non volgete mente a inquisitori e nazisti. Non voltate indietro il vostro sguardo. I roghi sono qui. Accanto a noi. Coloro che cospargon tal carta e bip di idrocarburi son proprio coloro che lodan l'insieme armonico di parole che prende il nome di libro.



Le letture pendant e la biblioteca omofoba
all’origine della scimmia ruspante


     Ogni cosa deve essere in tinta, abbinata, per una vita pendant. Da quando veniamo al mondo la verniciata rosata o celestata ci vien inferta con la sapienza e la velocità di un colpo di spazzola affibbiata dalle sapienti mani di un barbiere giunto al termine del suo lavoro. Verniciata spesso letale come quella dorata di Goldfinger.
L’approvazione generica non riguarda solo vestiario, capigliatura e ludiche spensieratezze. Corti/lunghi; pantaloni/gonna, pistola/bambola, calcio/danza. Il marchio generico interessa anche lettere generiche. Questo solco generico si instaura quindi anche in scaffalature bibliotecarie, trasformando quegli esseri, posti a guardia di tal cultura, in controllori non diversi dai pennoni innalzati a stazione, fischiettanti Wagneriano e direttori di traffici umani. Continua su nonquelmarlowe.

Potete leggere tutti gli articoli del progetto al seguente link


lunedì 6 luglio 2015

L’anarchia del libro e la biblioteca/Sert. Un mio articolo per il progetto dell'amico Etruscus





      L'amico Lucius ha generato un sublime progetto sovversivo legato alla misobiblìa, l'odio per i libri!
 Non volgete mente a inquisitori e nazisti. Non voltate indietro il vostro sguardo. i roghi sono qui. Accanto a noi. Coloro che cospargon tal carta e bip di idrocarburi son proprio coloro che lodan l'insieme armonico di parole che prende il nome di libro.

 Il libro vien sempre esaltato come altare su cui bruciare incenso. Un mezzo posto come presentazione culturale secondo solo al meno ingombrante e più falsificabile biglietto da visita. Gli scaffali ripien di libri, intonati come vergini al ballo delle debuttanti, si protendono come minaccioso arsenale di studi borghesi. Essi servon come conferma, statica e materiale, di elevazione intellettuale finalizzata a intimidire e a far tacere. Tasselli sono i libri di trincee sociali, utilizzati come simboli di guardie poste a difesa della stratificazione culturale.
 Il libro trasformato in cellerino è la più sacrilega forma di odio dei libri, che come un buco nero assorbe e distrugge la luce da essi proiettati, privando l'uomo di quella fotosintesi fondamentale per la sua evoluzione e comprensione. Il libro posto come guardia di quel percorso canalizzado di formazione istituzionalizzato che prende il nome di scuola. 
 Perché è questo che il libro è diventato. Una briciola posta da un Pollicino dittatoriale lungo un percorso socialmente accettato e regolamentato. L'indice dei libri proibiti non è una vetusta lista compilata in sale vaticane, esso regna in ogni istituto scolastico, come figlio di una nuova Norimberga.


 Ecco un estratto dell'articolo scritto per il progetto dell'Etruscus, buona lettura:
Sono appassionato di antropologia sin da quando avevo quattordici anni. La mia santissima quaterna eterogenea era costituita dal Divin Marchese, da Freud, da Nietzsche e da Frazer, autore del Ramo d’oro. Proprio al Totem e tabù del caro viennese dovevo la scoperta di questa sublime disciplina. Disciplina che non pochi danni di interazione sociale mi ha procurato. In un compito in classe la prof ci chiese di parlare della condizione della donna nel mondo. Dove altri fermaron la loro mente e mano su velo e poligamia, io estesi la mia conoscenza, e la verga chinara impugnata, su infibulazione, deflorazioni rituali, dildo megalodontici tribali, ecc. Inutile dire lo casino che si creò per un tal testo. A quindici anni se hai letto Freud qualcosa non va, e comunque ti dovresti fermar a L’interpretazione dei sogni, ritenuto da molti un apocrifo della smorfia.
Dopo un colloquio di due ore col preside, finalizzato a comprendere le cause della mia cultura, le cose di certo non migliorarono. Soprattutto quando, alla sua domanda se facessi uso di “sostanze”, gli dissi di usare quotidianamente l’autoipnosi per poter vivere alterazioni mentali che materializzavo su carta. Continua su Nonquelmarlowe

Soundtrack Ideale: Ornette Coleman - The Shape of Jazz to Come





 Invito a leggere tutti gli articoli del progetto, ognuno di essi è infatti meritevole di condivisione, non solo quelli la cui fluidità innesca mulinare pale... Ecco una lista di quelli pubblicati fino a oggi con un breve estratto:


Odiare i libri. Abbozzo di introduzione. Sapete cos’è la misobiblìa, con l’accento sull’ultima i? No, non lo sapete perché la parola me la sono appena inventata usando un semplice dizionarietto di greco: significa “odiare i libri”. (Come misantropia significa odiare le persone.)

Odiare i libri. Leggerli tutti.   Chiunque abbia più di due libri in casa si sarà sentito rivolgere la domanda più assurda mai concepita dalla mente di un non lettore: «Ma li hai letti tutti?»

 Odiare i libri. Le dimensioni contano.  Chiunque legga ha sentito, almeno una volta nella vita, qualcuno che non legge dire che i libri occupano troppo spazio. È un’affermazione ridicola che denota – semmai ce ne fosse bisogno – quanto chi la dice odi i libri con tutto il cuore.
Ci sono persone che tengono un vaso su un mobile, senza nulla intorno e senza nulla sopra: quello stupido vaso occupa lo spazio di almeno cento libri medi, eppure nessuno dice «Non tengo vasi in casa perché occupano troppo spazio».

Odiare i libri. Biblioteche (1).  Quando si parla di misobiblia, “odio per i libri”, si deve per forza parlare di biblioteche.Per anni sono stato confuso dalle idee utopistiche sulle biblioteche come depositi di preziosi tesori, ma poi sono dovuto scendere a patti con la realtà: sono inferni che selezionano bene i propri cerberi. Ci sarà un motivo se ogni importante biblioteca della storia ha conosciuto il fuoco, no? Nelle parole di Luciano Canfora, il fuoco è «devastante consorte dei libri d’ogni tempo», e i bibliotecari sono dei mangiafuoco…

 Odiare i libri. Biblioteche (2). La bibliotecaria mi guarda sempre più schifata, guarda il “Segretissimo” che ho in mano e dice, tra un conato di vomito e l’altro: “Non ha la fascetta”.
Sapevo che era troppo bello: il libro non è catalogato, e non si sa perché quello e i suoi compari siano finiti sullo scaffale, visto che prima vanno inseriti nel sistema bibliotecario. Sapete cosa significa inserire un libro nel SBN? Significa che la bibliotecaria deve fare il suo lavoro: riportare titolo, autore, anno, ISBN, titolo originale, traduttore, catalogazione Dewey… MA SIAMO PAZZI? Amnesty International è stata informata del trattamento disumano dedicato a questi impiegati?

 Brutto andazzo digitale. Immaginate di andare in libreria, di scegliere un libro che vi piace, recarvi alla cassa, pagarlo… e vedere che il cassiere ve lo chiude con un lucchetto. Chiedete perché lo faccia e lui risponde con un sorriso: “Quando lo vuole leggere, basta che viene qui e lo apriamo”.
Vi sembra assurdo? Eppure è quello che sta succedendo con gli eBook: talmente è la paura che il digitale prenda piede e seppellisca quei quattro tronfi e paffuti editori falliti, che inventano di tutto per scoraggiare i lettori.
Ma ecco la mia storia.


Odiare i libri. Biblioteche (3). La bibliotecaria mi guarda come se fossi un cane parlante. Comincia ad armeggiare col PC con la padronanza di un monco, e mentre mi sto chiedendo quale parte della mia domanda non abbia capito mi chiede di ripeterle il libro che sto cercando.
Faulkner è autore abbastanza noto, ma scopro che invece la bibliotecaria non l’ha mai sentito e ci mettiamo mezz’ora per trovarlo in catalogo. “Eccolo” esclama soddisfatta la mentecatta.
“Sì – rispondo, – in catalogo ce l’avete, l’ho già visto on line da casa mia” deficiente, vorrei aggiungere ma ovviamente non si può. “Il problema è che non lo trovo sullo scaffale: è per caso in prestito?”
Anche la seconda volta la tizia non capisce la domanda, e invece di controllare se il libro sia fuori… si alza e va agli scaffali per prenderlo.


Aggiorneremo periodicamente questa lista, ma visitate direttamente il blog Nonquelmarlowe per una fruizione più tempestiva di questo progetto e di altri articoli interessanti.





venerdì 3 luglio 2015

La Pupa e... l'Altro: Monica Zanchi in "Suor Emanuelle" di Joseph Warren (Giuseppe Vari)





        Suor Emanuelle (Laura Gemser), insieme a una monaca anziana, si reca dal ricco commendator Cazzabriga, attraverso la spumosita dei canali veneziani. Egli intende affidar la figlia lasciva, Monica (Monica Zanchi), alle sapienti e pure mani conventuali. Le caritatevoli cure delle monache risultano necessarie dopo la scoperta di legame saffico tra la bimba e la matrigna Kris (Dirce Funari).
 La vista di codesta bellezza germogliante, che recide soavemente il  bozzo di candore, risveglia in Suor Emanuelle ricondi preclaustrali. Il saffico saluto ferroviario tra figlia e matrigna ci lascia un vuoto immaginativo incommensurabile.
 Coloro che condividono una passione, un gioco, una perversione, si riconoscono all'istante. I feromoni ronzano come tafani, richiamando attenzione ormonale che induce attivazione da inconscio a conscio. Ritiratesi in cabina, la vecchia ne occupa una accanto al gabinetto al fine di oltraggiare la legge di Coulomb, la gemente fanciulla chiede chi per prima debba mostrar le sue intimità. Suor Emanuelle fa clitoride di mercante e si rifugia su lettiga elevata.
 La notte è lunga e tempestosa, l'innocente Monica trema come foglia innanzi a lampi e tuoni. La paurosità la porta a salir scaletta e rintanarsi anch'ella su soppalco monastico, ove confessa un'antico trauma piovasco... Dopo esserci ripresi dall'elevatorio evento, attendiamo, amanti omerici, che il cavallo di Troia manifesti la sua forza. Il fine era infatti proprio quello di distrar la monaca e provar finalmente ad assediar quel corpo vibrante.



 Ma la suora resiste con la sua volonta ferrea. Monica di certo non si perde d'animo e se l'assedio a Troia risulta difficile si può sempre provare ad assediar Sparta, sotto nascosto sguardo della suora...



 Dopo una notte così movimentata, carnalmente per Monica e spiritualmente per Suor Emanuelle, raggiungono finalmente il monastero. Neanche l'inferno potrebbe scolpire una tale maschera di angoscia sul viso di Monica. Quell'anfiteatro, su cui sono esposte monache e studentesse frigide, equivale alla morte di qualsiasi libido. Libido che si risveglia in noi con il suo goffo tentativo di fuga.
 Ben presto Monica diventerà il diavolo del convento grazie alla sua opera di tentazione. Il temporale sarà un'attrattiva per le donne di quel convento...
 Ma non di solo femmineo può viver una gaudente come Monica. Durante una scampagnata incontra in un rudere un masculo focoso, il bandito Renè (Gabriele Tinti).  Egli è ricercato da tutte le polizie d'Europa per violenza carnale, rapina, droga, ecc. I due capiscono di essere anime simbiotiche, inizieranno quindi un rapporto segreto ed estremo all'interno del monastero stesso.
 In un'opera intellettuale come "Suor Emanuelle" non possono mancare due elementi fondamentali. Il primo è il citazionismo doc, ben rappresentato dallo spogliarello di Monica innanzi ad un ululante Renè.



mercoledì 1 luglio 2015

"La notte dei diavoli" di Giorgio Ferroni.





     Un uomo viene sottoposto, dopo essere stato trovato ferito e privo di sensi nei boschi al confine con la Jugoslavia, ad un elettroencefalogramma con stimolazione sensoriale. La sua mente germoglia immagini che urlano la bellezza dissacrata, la vita violata.
 L'uomo soffre di amnesia post-traumatica. Risultano presenti anche comportamenti ossessivi legati al  ritmo circadiano. Il calare della notte induce un aumento della tensione. Ciò può esser riconducibile al trauma subito, avvenuto probabilmente dopo il tramonto. Egli passa la notte fermo, affacciato alla finestra. Come in attesa.
 Un nuovo evento peggiora ancor più le sue condizioni psichiche. In clinica giunge una ragazza jugoslava che sostiene di conoscere l'uomo, il cui nome è Nicola (Gianni Garko). La vista della ragazza scatena in Nicola una grave crisi psicomotoria. Viene quindi bloccato e sedato, mentre la ragazza scompare misteriosamente.
 Nuovi ricordi riemergono dalla sua memoria. Una strada tra i boschi. Il ritorno in patria. Una donna apparsa improvvisamente. L'uscita fuori strada e lo scontro con un albero. L'auto è ormai inutilizzabile. Nicola segue un sentiero sperando di trovare un centro abitato.
 Tra i boschi, poco lontano dai suoi passi, si celebra un funerale particolare. Una salma, avvolta in un fagotto sanguinante, viene sepolta. Sepolta solo dopo un rito strano, arcaico. Un rito che ne impedisca il ritorno in vita.
 Nicola, raggiunto il casale di questi uomini, viene invitato ad entrare da Gork, l'anziano capofamiglia. Nella casa la tensione è palpabile, la morte del fratello di Gork ha infatti liberato dinamiche da tempo sepolte. Quella famiglia risulta compressa tra  legami morbosi e un mondo esterno pericoloso e inquietante.



 Giorgio Ferroni,  anche in "La notte dei diavoli", trasforma la famiglia in un templio della psicopatologia, ma anche in una cellula sotto il continuo assedio di un'alterazione, una malattia. Malattia che è racchiusa nel sangue, rimedio e condanna per queste persone.




 Maria Monti risulta splendida nella sua interpretazione. Sembra una diva del cinema muto con quel volto plasmabile come le onde del nō. Ella fluttua per la scena come un ombra musicale nella sua lugubre danza dei sette veli.