mercoledì 8 aprile 2015

AS Chianese & Gordiano Lupi - Filmare La Morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci





 Filmare La Morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci è un fantastico saggio scritto a quattro mani da AS Chianese e Gordiano Lupi per la Collana Cinema di Edizioni Il Foglio. L'opera prende in considerazione la filmografia horror e thriller del Maestro. Vengono quindi solo accennate, nella biografia iniziale, le commedie, i musicarelli, ma anche il western e il fantascientifico.
 La parte consistente del volume è rappresentata naturalmente dalle schede monografiche. Di ogni opera viene analizzata la trama e l'accoglienza da parte della critica. Molti stralci degli articoli o dei libri scritti dai critici hanno più valore dal punto di vista della psichiatria che non da quello della cinematografia. Dobbiamo ringraziare questi crociati fuggiti dai vincoli burocratici del Tso se il cinema di genere italiano risulta ormai decomposto.





 In questi capitoli vengono anche esaminate le opere che hanno ispirato il lavoro del Maestro. Fulci è lo spirito surrealista della cinematografia italiana. Lui è in grado di rielaborare, attraverso una metabolizzazione inversa il cui fine non era la digeribilità ma la tossicità, opere precedenti distorcendone la superfice riflettente. Gli occhi del fruitore vengono quindi rapiti e plasmati, liberando la connessione tra infinito e tessuto cerebrale, raggiungendo in maniera più rapida e indolore gli effetti della trapanazione.
 Proprio come il genio del ready-made, Fulci riesce a trasformare l'usuale in inusuale, il ferro da stiro in un prodotto assurdo e inquietante. La rappresentazione delle paure in una forma ossessiva e straziante. La pellicola diviene più tagliente della lama oculare.
 Interessanti risultano anche le appendici. L'intervista a Dardano Sacchetti, che negli anni '70-'80 ha partorito opere come  Reazione a catena, Zombie 2 e Apocalypse domani, fa sbocciare aneddoti interessanti sul cinema di genere italiano. Fulci ne esce martoriato, ma io da seguace di Malinowski preferisco l'osservazione partecipante alle interviste...






 Lucio Fulci ha spesso ultilizzato la figura dell'emarginato nelle sue opere. Il ragazzo ritardato di "Paura nella città dei morti viventi", additato come colpevole per ogni evento ed assassinato con la furia e la naturalezza con cui si estirpa la malapianta. Lo stesso vale per il demente di "Non si sevizia un paperino". Il Franco Nero di "Le colt cantarono la morte e fu... tempo di massacro", diverso perché non omertoso o indifferente, fustigato a sangue per il suo desiderio di conoscenza. L'occultista di "...E tu vivrai nel terrore! L'Aldilà" crocifisso e "fustigato" con catene.  La Bolkan e la Bouchet di "Non si sevizia un paperino" lo erano entrambe, anche se in modo diverso. Additate come colpevoli, la prima linciata e la seconda indagata, erano anche la rappresentazione della distinzione tra pazzia proletaria ed eccentricità borghese.
  La fustigazione, quella vera a colpi di frusta o quella impropria con le catene, è un marchio delle opere del Fulci. L'Irrazionalità della moltitudine che si fa mano esecutrice di una giustizia con funzione catartica. Il linciaggio che diviene rituale. Prassi. Schema. Consuetudine.




 Perché era consuetudine quella di linciare lo stesso Fulci ad ogni uscita d'opera. Critici che motivavano le loro sentenze descivendo trame inesistenti. L'uscita di un film del Fulci era come la scena iniziale de "Le colt cantarono la morte e fu... tempo di massacro".
 Odiato da tutti come un paria, il Fulci era detestato dai cattolici per la sua rappresentazione deviata dei preti e per il suo sondare sulla deturpazione della carne. Il suo trasformare l'emarginato in Cristo era la peggior iconoclastia. Il suo disegnare una borghesia adultera e perversa di certo non aiutava la metabolizzazione da parte del bigotto elettorato DC. E i rossi? Quelli hanno smesso di capire l'arte dopo che Stalin ha ripudiato il futurismo. Gli autori parlano di una certa simpatia da parte del movimento sociale, partito detestato dal Maestro, ma quelli non valgono perché la dissociazione tra pensiero e azione è un loro marchio di fabbrica.  
 Perché in Italia lo sport nazionale è questo. La dissociazione cronologica dell'arte. ll feticcio del passato glorioso e lo sterminio dell'attuale. Perché se non si ha il finto coraggio di mandare dei luridi cani sulla sabbia dell'idroscalo, allora si sguinzagliano gli scribacchini della carta stampata. La compressione toracica viene solo centellinata. 1bar alla volta. Lentamente. In uno stillicidio che solo dei sadici impotenti possono valutare come amore per l'Arte.







2 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Come molti altri autori prima di lui ( Bava in primis) Lucio Fulci era più amato all' estero che in patria, come loro fu rivalutato d anoi negli ultimi anni di vita.
Come sempre ci facciamo del male da soli.

Ivano Satos ha detto...

L'esterofilia è purtroppo un male endemico in Italia. Gli Italiani amano sparare sui propri connazionali anche per frustrazione e narcisismo, basta pensare a quello che avviene a carico dei nostri autori di fantascienza...