martedì 28 aprile 2015

"Contronatura" di Antonio Margheriti





     Inghilterra, anni '20. Una violenta pioggia accompagna l'entrata di Barret nel casinò. Ha un appuntamento con il contabile Ben Taylor. I due devono infatti recarsi a  Brighton per consegnare al giudice alcuni documenti inerenti i beni di un'eredità.
Quel viaggio interessa altre persone. A Brighton si recheranno anche Vivian, moglie di Taylor, Margareth, amica speciale di Barret, e Alfred, amante di Margareth.
Proprio Alfred ci trasmette una certa tensione. Un fremito mantenuto rigido. Celato. Vi sono dei conflitti, sia interiori sia interpersonali. Vengono solo accennati. Visti di sfuggita. Quasi riflessi. Soprattutto una certa gelosia causata dalle attenzioni che Vivian rivolge a Margareth.
 Proprio quegli sguardi saranno rifratti dall'abitacolo dell'automobile, come se fosse un prisma cavo. Sguardi a cui assisteranno tutti gli altri membri di questa pittoresca gita, originando quindi una rifrazione ancora più intenza. Quasi soffocante nella sua sensualità incontrollabile compressa da una pioggia incessante, resa aliena, minacciosa, soprannaturale. Un'escrezione biliosa che si apre come una voragine. Una voragine che diviene la mano del fato bloccandoli in una zona disabitata dove unico rifugio è uno chalet.
 Il vetusto edificio si apre innanzi a loro, mostrando mura rilevate dai frutti di un tassidermista. Al centro di questo palcoscenico di occhi vitrei, si innalzano due strani personaggi. Un uomo e un'anziana. Figlio e madre. Utriah ed Herta. La donna seduta. Le mani posate su di un tavolo. Lo sguardo fisso su di loro. In trance. Il trance di una medium.



 Gli uomini, spronati da Utriah, decidono di formare una catena. Barret nutre la speranza di evocare lo spirito di Richard, il parente da cui ha ereditato le sue notevoli ricchezze. Vivian e Margareth si recano ai piani superiori per potersi riposare. Forse proprio su questo isolamento delle ragazze riflette Alfred che resta escluso dalla catena, essendo il quinto elemento.
 Più di un medium agisce in quella casa. Se da un lato Herta, innanzi a degli spettatori volontari costretti all'inattività, si pone a tramite tra i vivi e i morti, anche Vivian, contemporaneamente, cerca di evocare qualcosa di celato. Qualcosa immerso nell'oscurita non dell'oltretomba ma della mente di Margareth.
  Vivian è lo sguardo per eccellenza in quella catena parallela, non di mani ma di occhi che si contemplano. Sembrano quasi fremere in direzione delle sorgenti emotive. E la quintessenza del voyeurismo. Lo sguardo onnisciente di quella casa. Pare quasi cogliere ogni variazione di umore e pensiero.Ogni sorgere di ricordi.



   I ricordi affioreranno con il loro giochi di specchi. Ognuno dei personaggi è dominato dai giochi della memoria. Ognuno dei personaggi ruoterà quegli occhi frenetici verso se stesso, isolandosi da quella danza di sguardi. Perché quei ricordi sono vividi e ancora caldi.
 Ma questi sguardi saranno sfumati da una nebbia di tensione che andrà ad addensarsi sempre di più. La tensione di chi brama la conoscenza da quella bocca su cui l'aldilà si affaccia, la tensione di chi è pietrificato dalla possibilità che altri si insinuino in quel varco. L'urlo potenziale già rende pazzi. La pressione sui timpani già freme. La tensione è evocatrice più di qualsiasi spiraglio medianico.


 Contronatura è stata spesso definita un'opera tra il gotico e il giallo alla Agatha Christie, i personaggi del film hanno infatti tutti qualcosa da nascondere. Lo sguardo inquisitorio si sposterà dall'uno all'altra incessantemente, inducendo reazioni contrastanti ed opposte. Proprio questo elemento è alla base della tensione che impregna il film. L'odore di vendetta satura l'ambiente e la non consapevolezza dell'identità della vittima, che avrà l'onore di immergere la lama dell'accusa nel cuore del colpevole, genera un angoscia a volte parossistica.
 La colpa, e la corrispondente espiazione, è un fattore che accomuna quest'opera alle altre creature del Margheriti. Con Danza Macabra, e quindi anche con Nella stretta morsa del ragno, Contronatura ha più di un legame. In entrambe le opere il desiderio saffico risulta frustrato e imposto, scintilla di tragici eventi. Interpretabile forse più come condanna dell'espressione egoistica del desiderio da parte della borghesia, legandolo quindi al desiderio nobiliare dell'antenato BlackBlood, mutato poi in Blackwood, e a quello immobiliare di Barret, e non un'accusa al desiderio stesso.
Altro elemento è la presenza della "casa di Blackwood", qui però si fa riferimento al luogo e non al nome della dinastia detentrice dell'edificio.



 Opera di sguardi e sguardi che anticipano la rappresentazione estrema e distruttiva del Fulci. Se nel Fulci il dettaglio degli occhi accompagna e rafforza i dialoghi e, contemporaneamente, genera "la distruzione della ragione", in quest'opera del Margheriti lo sguardo diviene proiezione dell'abbraccio possessivo e della gelosia incontrollabile. Lo sguardo come antropofagia repressa. Non distruttivo quindi ma conservativo.




 Particolari risultano le inquadrature che accentuano sia la sensazione di claustrofobia sia la tensione, presente intorno al tavolo della medium come nella stanza di Margareth, attraverso long take da cinetosi e movimenti sospirati su spalle inquiete.
 Concludo, proprio in riferimento a queste particolari riprese, con un aneddoto del Margheriti, trovato nel fantastico sito a lui dedicato, che ben rappresenta la capacità degli artigiani del passato cinema italico di riuscire a surrogare in maniera splendida le voragini del budget:

 "Avevo avuto un'idea per una bella inquadratura per il film, e volevo che durante la seduta spiritica la cinepresa inquadrasse dall'alto il cerchio composto dalle mani unite dei partecipanti seduti intorno al tavolo, come nei musical americani anni 50' dove si vedevano le coreografie in asse dalla verticale, poi mi sarebbe piaciuto che la "macchina" scendesse fino al centro del tavolo per poi panoramicare sui primi piani... Ma Il film era molto contenuto nei costi, e non avevo soldi per affittare un dolly, che comunque non saremo riusciti a montare nel salone... Ne parlai con rimpianto a Riccardo Pallottini, il mio operatore, che mi rispose: "Non c'è problema... lo possiamo fare".  Beh, fu una cosa incredibile, Riccardo si fece legare una corda ai piedi e con una carrucola venne issato a testa in giù quasi fino al soffitto, al centro del tavolo, e con la cinepresa in mano si fece calare fino a poche decine di centimetri sul tavolo per poi, con un colpo di reni, inarcarsi per realizzare i primi piani. Era proprio l'effetto che volevo. A quei tempi non avevamo le attrezzature che ci sono oggi, ma avevamo più fantasia e voglia di fare. Cose del genere oggi sarebbero improponibili, nessuno lo farebbe mai, nemmeno a peso d'oro"


 



2 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Tutto giusto, un altro dei grandi capolavori di Margheriti. Adesso mi hai fatto venire voglia di rivederlo, me lo vado a cercare.

Ivano Satos ha detto...

Grazie Mille Nick. Margheriti ha disseminato la storia del cinema italiano di vere perle. Buona rivisione amico ;)