venerdì 21 novembre 2014

Italia Violenta: Raffaele Cutolo




    Perché te lo inculcano sin da piccolo, facendolo diventare un riflesso condizionato. Nient'altro che un esperimento di Pavlov per la stratificazione culturale. La conservazione di un rituale arcaico. Un codice d'onore su cui si allevano masse di fanciulli. L'onore. Il rispetto.
 Una parola di troppo. Un affronto. Il calore alla testa che diviene pesante. La giugulare che schiocca come la frusta di una piga romana. Una tensione pari a quella del nodo calzato dall'esperte mani di un boia. La testa che quasi si stacca dal corpo. E la mano si muove. L'unico antidoto. L'unica azione impressa da secoli di sapiente tessitura.
 Il proiettile che squarcia il torace come un melograno maturo caduto ancor prima d'esser colto. Un melograno dimenticato da un contadino distratto. Il corpo si affloscia su quella strada. Il suo cadere è l'inizio del rito. Il rito delle voci che come furie e baccanti iniziano la loro danza. Voci che straripano sulle strade di Ottaviano percorrendo chilometri e chilometri. Anticipando nella lora valanga i passi del fuggitivo. Cogliendo energie sempre maggiori dai vicoli e dai bassi che nutrono le miriadi di sospiri e grida. Come il tappeto di petali di un principe orientale che ne accarezza i passi macchiati di sangue.
 Fino a quel luogo domestico in cui i suoi genitori, vedette emotive destate anche esse dalle voci incessanti, già attendono il figlio omicida. 
Quelle stesse voci, come una marea dolente, accolgono la giustizia e trasoportano il naufrago tra i cancelli murati. Un naufrago chiamato Raffaele Cutolo.



 Il vento del popolo. Giovane e delicato come uno studente, Cutolo è accompagnato all'interno di Poggioreale da quel vento che sussurra la morte passata, come un bozzo lo avvolge e protegge. Ma ciò che realmente difende o'professò, come ben presto lo chiameranno all'interno del carcere, è la sua cultura.  Perché la cultura inebria e trasforma chi ne ha mancanza in un avo spaurito innanzi alle forze magiche della natura. La cultura che si fa telegrafo e postino nel chiuso delle fonazioni vuote.
 Ma Cutolo non vuol esser solo l'amanuense penitenziario. Cutolo aspira ad altro. Il protagonismo in quelle comunicazioni. Il centro del dialogo tra l'alveare di celle e l'ampiezza della Campania. Il cuneo popolare che scinde le antiche regole e gerarchie.
 Il suo volto da maestro elementare. La sua cultura da professore. Il suo affetto da padre e la sua mano da patriarca. La sua adozione dei deboli contro l'ingiustizia della criminalità ancor prima di quella sociale. I suoi alunni formano un'aula di soldati potenziali, un registro di futura forza assassina.
 Persone che son state battute sin dalla nascita si scordan quasi d'esser uomini e paion quasi convinti di esser sol asini. Quella mano che si flette per rialzarti da secoli di sudditanza e per riportarti alla condizione di uomo ti pone un giogo ancor più forte e irresistibile. La fedeltà di quegli uomini sarà inscindibile.
 Cutolo osserva come un Mosè quella distesa di terra seminata dalla sua magnanimità. Una generosità verso i più deboli che egli foraggia attraverso il lavoro di Filomena, sua sorella, che finanzia il condottiero di questa folle e geniale rivoluzione.
 Cutolo, come un cavaliere medioevale spogiatosi dei suoi stessi beni, dona ai suoi compagni di carcere. Vestiti, cibo, orologi, consigli... Ogni cosa è ceduta. Ogni cosa per lui è superflua. Lo sconvolgimento assale le menti. In un mondo in cui la verghiana roba è il fulcro della stazione carceraria, il suo comportamento rapisce i cuori e le anime che trasudano dalle sue mani. Anime che guardan le mani e non gli occhi di colui che dona.
 Il gioco ha inizio. Il gioco di disgregazione di quelle particelle scomposte e rivali che formano la criminalità campana. Il sogno di una camorra dal volto umano assume le fattezze di Cutolo. O'professore. L'inizio della leggenda il cui nome diviene testo tra le strade di Napoli e della sua provincia. La comunicazione ha inizio.

Poggioreale è una fonte battesimale a cui una massa di giovani porge educatamente il capo. Ogni giovane vale una messa. Ogni giovane deve esser baciato dal profeta le cui parole liberano dalla cieca ruota della sottomissione umiliante. Perché la chiesa della Nuova Camorra Organizzata vuole il bene dei suoi figli che non devon esser sfruttati come pecore dormienti. Il pane deve esser spezzato e donato tra i credenti e, come ogni profeta che si rispetti, Cutolo gioca con i riti antichi inventando, creando e fabbricando quel collante di simboli, allegoria e passione che possiede menti soffocate come primitivi omuncoli. Un fuochista dell'animo che funambola tra pause e vigorosi soffi per tener vivo il braciere dell'estasi fino al matrimonio del sangue. La rappresentazione continua nel tempio teatro che è Poggioreale.

 Ma ogni leggenda per trasformarsi in mito necessita di un sacrificio. Il sangue che cola bagnando la nuova pianta e donandole rispetto. O'Malommo è il capro prescelto. Antica effige della malavita, distaccato dal popolino, dalla canaglia. Quale miglior emblema per rappresentar il vecchio e il tiranno?
 La sacra guerra ha inizio! L'acciottolato campano si bagna di fertile sangue che lubrifica l'ugola popolare. I canti risuonano come tribali tamburi ritmati dal fuoco. Il profeta vaticina con spiritati occhi il cui pallore ipnotizza perizie e aule che lo conducon al manicomio giudiziario.
 Tra pazienti dai letti incordati e urla disumane il boss controlla il suo esercito di fedeli. Le marce risuonano al ritmo di telefonate intecontinentali. Tra mura in cui pazzi omicidi lambiscono il loro chimico letargo, Cutolo regna nel mondo dei vivi attraverso quell'infeno bagnato dall'espiazione dei folli. Ma nulla è abbastanza per lui. Ogni cosa e stretta. Tutto limita la sua potenziale forza dirompente. Cutolo è una farfalla e come un Papillon organizza la sua fuga.
 L'esplosione che squarcia il muro perimetrale ben simboleggia la deflagrante ascesa del boss ormai libero. Il rifugio classico di una masseria potrà andar bene per altri boss, passati e futuri, ma o'professò è diverso. Egli vibra. Sguscia. Cutolo appare e scompare. Come un lauro vien avvistato e segnalato. Come un monaciello indispettisce e infuria la giustizia perfino nella sua Ottaviano. Egli visita parenti e amici, burlandosi di tutta la sbirraglia ricercante. Ma ciò non basta...


 Il proseguimento della storia vi alletta e solletica? Desiderosi di scoprire l'evoluzione della Nuova Camorra Organizzata?Vi segnalo quindi il libro di cui il post è una recensione delirante: Il camorrista. Vita segreta di don Raffaele Cutolo di  Giuseppe Marrazzo, ed. Tullio Pironti. In alternativa, essendo il libro non proprio di facile reperibilità, è possibile usufruire della spledida opera del Tornatore, liberamente ispirato al romanzo del Marrazzo, con la stupenda interpretazione di Ben Gazzara.







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