Al suono di musica indiana, due ragazze nude ma mascherate palmano la superficie dei loro tonici corpi. Un pubblico internazionalista osserva il dermico contrasto sinuoso. Proprio tra quel pubblico compare la contessa Edna Luise Von Stein (Pamela Stanford). La nobildonna è in cerca di masculi. Dopo uno scomodo approccio automobilistico, la contessa convince il rimorchiato, Joe (Kurt Meinicke), a seguirla nella sua dimora a Bahìa Baja.
Giunti nel teatro lussurioso, vengono accolti da Sarah (Esther Moser), la governante, che li sollazza con un po' di champagne. I due, svuotate le coppe, si accingono a riprender interrotto discorso, ma non prima che Sarah, sempre sull'attenti, abbia spogliato la badrona. Tolti tutti i cenci, tranne le calze al fine di conservare il pudor della signor, Sarah passa a spogliar l'ospite, che pare non poco imbarazzato ma subito ambientato. Ha inizio una precognitiva lambada interrotta da Edna, che con una scusa si reca in una stanza ingabbiata dove si contorce, legata sul letto, sua sorella Milly (Karine Gambier). Un solfeccio di membra e di chiaroscuri muscolari, come la direzione orgasmica di un'orchestra dionisiaca.
La povera fanciulla infoiata chiede alla protettiva sorella se le ha portato un uomo. Un uomo per lenire la sua voragiante pena. Liberatala dalla contenzione, Edna chiama il giovane per poi sparire dal futuro teatro della passione.
Innanzi a questa nuova sorpresa, Joe non può che capitolare sull'altare di Milly, mentre Edna, sapiente statista, osserva l'opera del suo ingegno su sfondo di candelabro ammaliante.
Ormai è giorno e la candida Milly necessita delle sue medicine, somministrate dall'infermiera Maria (Marianne Graf). La nostra valchiria viene visitata attentamente dal Dr. Charles Barnes (Jack Taylor), il quale pone molta attenzione alla retta temperatura corporea...
Dopo questa visita scrupolosa, il medico le prescrive un'ora di bagno marino, terapia che verrà controllata da Maria.
In realta il medico ha intenzione di somministrare alla nostra biondina qualcosa di ben più potente. Egli pensa che Milly soffra di allucinazioni come conseguenza dell'aggravarsi della sua schizofrenia paranoide. Maria dovrà quindi somministrare sei inniezioni al giorno sull'altare deretanum, oltre che farle assumere una medicina prima di dormire.
Da quel momento in poi, la mente di Milly comincerà ad essere sconvolta da strani sogni e terrificanti visioni dominate da un sosia di Billy Idol...
Questo women in prison familiare è un'opera minore del maestro. La componente exploitation risulta minima, donando l'horror terreno a una componente onirica hitchcockiana che come una nebbia, a volte soffusa e a volte solida, avvolgerà dominazioni saffiche in cui l'uomo gioca al re di una scacchiera guidata da mani femminee.
L'elemento che si imprime comunque sullo spettatore è la figura contorsionistica di Karine Gambier legata al letto e madida di sudore nelle sue crisi ninfomaniache. E' un'estensione di quella scena, definita da me "il gioco del rinoceronte semi-Fowler's", tanto esaltata nella recensione di "Women in Cellblock 9". Entrambi i film sono del 1977, ma mi piace pensare che anche il Maestro sia stato colpito a tal punto da quella contrazione muscolare da estenderla maggiormente in quest'opera che stiamo recensendo.
Giunti nel teatro lussurioso, vengono accolti da Sarah (Esther Moser), la governante, che li sollazza con un po' di champagne. I due, svuotate le coppe, si accingono a riprender interrotto discorso, ma non prima che Sarah, sempre sull'attenti, abbia spogliato la badrona. Tolti tutti i cenci, tranne le calze al fine di conservare il pudor della signor, Sarah passa a spogliar l'ospite, che pare non poco imbarazzato ma subito ambientato. Ha inizio una precognitiva lambada interrotta da Edna, che con una scusa si reca in una stanza ingabbiata dove si contorce, legata sul letto, sua sorella Milly (Karine Gambier). Un solfeccio di membra e di chiaroscuri muscolari, come la direzione orgasmica di un'orchestra dionisiaca.
La povera fanciulla infoiata chiede alla protettiva sorella se le ha portato un uomo. Un uomo per lenire la sua voragiante pena. Liberatala dalla contenzione, Edna chiama il giovane per poi sparire dal futuro teatro della passione.
Innanzi a questa nuova sorpresa, Joe non può che capitolare sull'altare di Milly, mentre Edna, sapiente statista, osserva l'opera del suo ingegno su sfondo di candelabro ammaliante.
Ormai è giorno e la candida Milly necessita delle sue medicine, somministrate dall'infermiera Maria (Marianne Graf). La nostra valchiria viene visitata attentamente dal Dr. Charles Barnes (Jack Taylor), il quale pone molta attenzione alla retta temperatura corporea...
Dopo questa visita scrupolosa, il medico le prescrive un'ora di bagno marino, terapia che verrà controllata da Maria.
In realta il medico ha intenzione di somministrare alla nostra biondina qualcosa di ben più potente. Egli pensa che Milly soffra di allucinazioni come conseguenza dell'aggravarsi della sua schizofrenia paranoide. Maria dovrà quindi somministrare sei inniezioni al giorno sull'altare deretanum, oltre che farle assumere una medicina prima di dormire.
Da quel momento in poi, la mente di Milly comincerà ad essere sconvolta da strani sogni e terrificanti visioni dominate da un sosia di Billy Idol...
Questo women in prison familiare è un'opera minore del maestro. La componente exploitation risulta minima, donando l'horror terreno a una componente onirica hitchcockiana che come una nebbia, a volte soffusa e a volte solida, avvolgerà dominazioni saffiche in cui l'uomo gioca al re di una scacchiera guidata da mani femminee.
L'elemento che si imprime comunque sullo spettatore è la figura contorsionistica di Karine Gambier legata al letto e madida di sudore nelle sue crisi ninfomaniache. E' un'estensione di quella scena, definita da me "il gioco del rinoceronte semi-Fowler's", tanto esaltata nella recensione di "Women in Cellblock 9". Entrambi i film sono del 1977, ma mi piace pensare che anche il Maestro sia stato colpito a tal punto da quella contrazione muscolare da estenderla maggiormente in quest'opera che stiamo recensendo.
Exitus da Karine Gambier... "Hoka Hey!" |
4 commenti:
Viaggio spasimico e spasmodico in un genere dimenticato ma ancora pieno di emozioni: complimenti ;-)
Grazie Lucius. Opera meno visionaria ed horror del maestro, ma sempre degna di scrupolosa attenzione ;)
Qui urge guardarsi l'opera omnia di Jess Franco...
Fondamentale per poter comprendere l'evoluzione sia del realismo socialista sia delle avanguardie istintiviste europee... ;)
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