Moss
e Zia Helin salpano dall'infoporto di New Macan per raggiungere
Dermathopia. Dermathopia è una piccola isola vulcanica circondata
dall'oceano nei pressi della Sovranazione Nord Coreana. Un'isola
ipertecnologica in cui tutto risulta simulato, un'isola in cui
l'evasione non è solo dall'alienazione quotidiana. Ogni essere è
proiettato verso gli ideali della perfezione e del bello. Un'isola in
cui la rigenerazione corporale e mentale soggiace a ritmi
industriali.
Per
Moss e Zia Helin questa vacanza sarà un percorso esistenziale di
simbiosi intrafamiliare. Una simbiosi tra due consanguinei entrambi
isolati dall'affetto e dal calore familiare. Moss immerso nella
solitudine fredda e vociante del collegio. Zia Helin invece racchiusa
in un bozzo tessuto dalla famiglia stessa. Bozzo che isola tutte
quelle persone ritenute eccentriche.
La
simbiosi però è un equilibrio instabile, delicato, sensibile. Dal
paradiso simbiotico alla follia parassitaria il passo è breve. Un
parassitismo in cui non è in gioco la vita del più evoluto. Non è
un parassitismo darwiniano ma un parassitismo esistenziale.
L'imposizione di un valore soggettivo posto in maniera egocentrica
sull'altrui esistenza. Il pensare cosa sia meglio per l'altro e
fondere come un alchimista l'altrui essere per poi inglobarlo in uno
stampo facilmente collocabile.
Alberto
Vertighel in Dermathopia, il racconto vincitore del Premio ShortKipple 2014, viviseziona la pazzia dell'oggi in uno
scenario futuro. La pazzia contemporanea è la convinzione di
riempire quegli enormi e multipli vuoti della nostra vita con dei
cunei esterni. Cunei che noi adattiamo mordendo a sangue o
svuotandoli perché ciò che interessa è solo ciò che appare, la
chitina che costituisce e mantiene la struttura riempitiva. Cunei che non posson far altro che esser rigettati come organi estranei trapiantati in maniera folle e compulsiva.
La
pazzia moderna è il non capire che i vuoti della nostra anima devono
essere riempiti attraverso l'espansione di essa. Emozioni. Passioni.
Esperienze. Poiché a furia di riempire non facciamo altro che comprimere e
ridurre il nostro stesso essere e la nostra stessa vita.
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