venerdì 20 giugno 2014

David Oppegaard - I predatori del suicidio



     Quando questo romanzo venne indicato da urania come prossima pubblicazione nel lontano gennaio del 2010 fu accolto dal pubblico come horror, fantahorror, fusionSF, ecc. ancor prima di essere messo in vendita e quindi letto. Fiumi di battute sono state generate per richiamare Urania ad una più stretta fedeltà alla pura SF tralasciando le troppo diffuse commistioni di generi . Colpa del titolo? Forse della stupenda copertina di Franco Brambilla? Non saprei ma di certo in questo romanzo di horror non vi è la più minima traccia.
  Ammetto di essere un appassionato di fantascienza apocalittica ed anche di musica dark e death rock... Forse proprio queste mie debolezze mi hanno portato a cercare su ebay questo titolo ricco di depressed men e tipi vestiti a nero come ad un concerto dei Bauhaus o dei Joy Division.
  In quest'opera Oppegaard ipotizza un futuro in cui la popolazione mondiale viene decimata da una misteriosa pandemia chiamata Disperazione. Il suicidio si diffonde come un male oscuro e i corpi ormai inanimati delle vittime di questo folle e incontrollato istinto di autodistruzione vengono prelevati da tetri personaggi avvolti da un mantello nero. Dopo ogni suicidio i parenti delle vittime attendono il violento rimbombo meccanico che segna l'arrivo in elicottero dei macabri pulitori e osservano come placidi bovi il saccheggio di quelle spoglie care.

  Norman, il protagonista del romanzo, dopo una mattinata di pesca trova la moglie suicida stesa sul letto. Il dolore per la perdita viene soffocato dalla consapevolezza che presto il suo corpo verrà trafugato dagli uomini in nero. Norman non è un placido bove. Norman non attende paziente. Norman appartiene a quella categoria di americani pronta ad imbracciare il fucile, o magari un arco, per difendere i propri cari. I predatori giunti nella sua proprietà dovranno infatti accontentarsi di trasportare il corpo di un loro collega decapitato da un colpo di fucile.
  Dopo una veloce sepoltura, unico mezzo per far desistere i Predatori da ulteriori tentativi, Norman e Pops, suo anziano amico e vicino, decidono di partire consapevoli che quel colpo di fucile darà origine ad una reazione a catena incontrollabile. Come meta scelgono Seattle, non per cercare di redimere dalle tendenze suicide i sopravvissuti ad una precedente ondata suicida, il grunge, ma per verificare la presenza di un centro di resistenza in cui è in atto la sintesi di un antidoto anti-Disperazione.
  Il libro risulta molto scorrevole, molta importanza viene data alla psicologia dei vari personaggi, alla loro disperazione e ai rapporti umani che si instaurano nel lungo viaggio che verrà intrapreso dal protagonista. Il viaggio è un elemento fondamentale dei romanzi apocalittici, del resto durante un'apocalisse che cavolo fai fermo in uno stesso luogo? Certo se hai un bunker provvisto di tutti i comfort possibili e immaginabili... però sai che palle! Soprattutto per il lettore. Anche se un bel coniglio potrebbe movimentare la situazione...
  Tornando al libro in questione, senza scomodare Giacomo Gardumi, il viaggio verso Seattle permette di incontrare quei personaggi tipici e caratteristici che si creano e si sviluppano solo dopo una bella catastrofe. Particolari in questo romanzo risultano essere dei samurai maniaci sessuali dediti a funerali orgiastici.
  Non è certmente paragonabile a Gomorra e dintorni di Disch ma è una bella e originale variazione sul tema dell'apocalisse.






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